Chi ha ucciso i periodici? Un’introduzione per i geek del web

Abbiamo tutti sentito moltissime cose sulla transizione che stanno affrontando i quotidiani e le riviste. Due decenni dopo l’arrivo del web, continua la ricerca di modelli di business duraturi e redditizi che abbiano senso nell’era digitale.

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Nel caso non l’aveste notato, non è andata molto bene. La maggior parte di queste aziende non ha ancora scoperto come respingere i gremlins che rosicchiano i fogli al loro ritmo, per non parlare di come invertire il trend.

Internet ha cambiato il business dell’editoria in modi eccellenti per i lettori, gli autori, i designer e per gli editori, ma ha tolto le certezze a moltissimi modelli di business che si erano stabiliti prima del suo arrivo. Tutti sentono gli effetti della battaglia dell’industria editoriale, che cerca di capire esattamente che valore offre, come lo distribuisce, dove deve andare e che strada seguire.

C’è un’esigenza reale di servizi che forniscono queste organizzazioni e un’opportunità reale per quelli tra noi che si guadagnano da vivere sul web, perché possiamo guidarli. Ma prima di poterli aiutare a risolvere il problema, dobbiamo comprenderne la storia.

“Quotidiani” e “periodici” sono etichette che parlano di formato e di attualità ed è stato scritto moltissimo su entrambe, ma parlano anche di come è strutturato il business di queste entità. Se internet ne ha cambiato qualcosa, di cosa si tratta? Ci sono qualità che resistono nonostante i continui cambiamenti? Diamo un’occhiata.

Pubblicità#section1

La pubblicità è stata per molto tempo il fulcro con il quale i periodici del mercato di massa hanno fatto i soldi. Tuttavia, alla fine del secolo scorso, le entrate della pubblicità hanno cominciato ad aumentare. Oggi non è raro aprire i libri mastri di un periodico tradizionale e trovare che le entrate della pubblicità costituiscono l’80% delle entrate totali.

Sotto questo tipo di influenza, le pubblicazioni (le migliori delle quali hanno sempre eccelso nel fare targeting del proprio pubblico) si sono evolute in veicoli eccezionali di pubblicità per la gioia dei propri gruppi demografici ordinati. Mentre il mercato della pubblicità era pieno di soldi, c’erano alcuni tentativi di controllare questa tendenza e di diversificare le sorgenti delle entrate. L’industria tira a sorte con la pubblicità.

Poi internet si è mangiato la pubblicità.

L’ultimo decennio ha visto un buco enorme nel mercato della pubblicità per i quotidiani e i periodici. Cosa è successo?

Da un lato, le metriche di precisione arrivate con internet: i clickthrough rate, il tempo passato su un sito e un insieme di altre statistiche che sono diventate misurabili direttamente e che possono essere confrontate facilmente, ci permettono di valutare l’efficacia (e senza dubbio il valore vero) della pubblicità. Questa informazione poteva solo essere ipotizzata qualche decennio fa, quando il prezzo di una pubblicità si appoggiava su pesanti dosi di speculazione e sull’arte del saper vendere. La natura data-friendly del web ha forzato i dipartimenti di vendita della pubblicità a quantificare e mostrare il proprio lavoro.

D’altro canto, le campagne pubblicitarie super specializzate e personalizzate praticate da Google, Facebook e simili, hanno portato nuove pressioni competitive. La generazione precedente di pubblicità aveva come obiettivo delle quote demografiche piuttosto ampie: “tra i 18 e i 35 anni”, “lettori di Esquire” o “entusiasti del jogging”. Per un potenziale acquirente di uno spazio pubblicitario, questi target potrebbero apparire crudi rispetto a un annuncio di un barbecue da mettere di fronte a chi ha appena cercato dei grill da giardino (il gioco di Google), o dare il giusto annuncio di un concerto a qualcuno di cui conosciamo le preferenze musicali e il calendario sociale (l’approccio di Facebook).

C’è un grande dibattito volto a determinare se questi approcci funzionino realmente, o se magari costituiscano eventualmente un paradosso, ma l’effetto economico è lo stesso: tirano giù il prezzo degli annunci alla vecchia maniera, per il mercato di massa (e per i suoi profitti pro-capite). (Oh, e capita anche che Google e Facebook abbiano degli audience senza precedenti, potendo in questo modo competere testa a testa con quegli annunci in vecchio stile che raggiungono il mercato di massa).

Abbonamenti#section2

Molti sono stati educati a credere che internet abbia posto le aspettative per quotidiani e periodici gratuiti online. Questo è in parte vero, ma il fatto è che gli abbonamenti erano già di gran lunga sottovalutati da molte organizzazioni prima che internet arrivasse ed è accaduto in gran parte a causa della pubblicità.

Come vedete, mentre i dollari della pubblicità si accumulavano, molte aziende dei media hanno raddoppiato la posta, abbassando deliberatamente i prezzi di vendita e di abbonamento sotto il punto di pareggio nel tentativo di aumentare la circolazione. Più circolano più si può chiedere per gli annunci pubblicitari che ci metterete perché l’opinione prevalente era che più persone vedevano un annuncio più questo valeva. (Questo dato sulla circolazione era così importante che fu istituito un industry scorekeeper per per tenerlo d’occhio.)

E la perdita causata da quegli abbonamenti super scontati? Avete indovinato: coperta dai guadagni risultanti dalla vendita delle pubblicità. Gli editori furono incentivati a sventrare il prezzo dei propri prodotti di consumo. Diminuire il prezzo, vendere più numeri, ottenere più soldi sotto forma di prezzi pubblicitari più alti. Fino al punto in cui alcuni periodici furono (e ancora lo sono) distribuiti gratuitamente, solo perché facessero da veicolo per le pubblicità.

Inserire qui un circolo estremamente vizioso.

Lo stato estremamente agevolato degli abbonamenti ha fatto sì che il loro valore venisse percepito come piuttosto basso agli occhi degli editori principali. Quando venne il tempo di decidere se offrire abbonamenti online oppure no, moltissimi sostenitori l’hanno visto come un gioco da ragazzi. Il loro gioco riguardava già il volume e internet sembrava il gioco a maggior volume della storia. Abbonamenti online? No grazie, distribuiremo gratis e copriremo la differenza con gli annunci che raggiungeranno un pubblico ancora più grande. Non ci manca quello che non si è mai avuto, giusto?

E funzionò per un certo periodo. Ma ora che il prezzo degli annunci è crollato, le aziende stanno cercando dei modi per tornare a un sano business di abbonamenti. Pochi eletti stanno appena cominciando a mostrare segni di progresso, spesso offrendo servizi aggiuntivi con gli abbonamenti.

Dati trasformati in servizi#section3

Gli abbonamenti e le pubblicità non erano le sole gambe rotte dello sgabello. L’altra erano i dati. Cosa significa esattamente “dati” nel contesto di un periodico?

Per un quotidiano o per un periodico, i dati sono informazioni di valore raccolte e presentate al lettore, che non rientra nelle notizie principali e nei contenuti editoriali. Pensiamo agli annunci di vendita, agli annunci economici, alle offerte di lavoro, agli appartamenti in affitto, perfino ai meteo.

In passato, per una pubblicazione era sufficiente spendere un po’ di tempo e di soldi per raccogliere questi dati e per stamparli. Era un’attività che risultava in un prodotto estremamente passivo (ma utile). I lettori facevano la gran parte del lavoro sfogliando le pagine ed esaminando approfonditamente quando trovavano qualcosa di utile. Ed era estremamente redditizio.

Ma questa impresa fu rapidamente superata da giocatori più saggi sul web. Le startup che compresero che l’informazione passiva ha un valore molto più grande quando è trasformata in qualcosa su cui si può agire immediatamente e nel contesto. Butta via quell’evidenziatore, amico! Vedi quelle offerte di lavoro? Basta cliccarci e il gioco è fatto!

I dati che vengono trasformati in qualcosa su cui si può agire tramite dei tool inclusi diventano un servizio e quel servizio ha un valore più grande rispetto ai semplici dati passivi, sia per l’utente finale sia per i profitti dell’azienda che lo presenta. I siti come Monster.com, Craiglist e eBay hanno portato i loro dati al successivo step logico online.

Non c’è niente di tutto ciò che i quotidiani e i periodici non potevano fare: semplicemente non ne hanno capito il potenziale sufficientemente in fretta. Le possibilità non sono apparse subito evidenti per la leadership di molte di queste aziende e altri hanno ipotizzato che il pubblico avrebbe continuato a venire a loro proprio come avevano sempre fatto. Non fu questo il caso e i dati statici non fanno più la loro parte nella maggior parte delle operazioni.

Una strada da seguire: separare il business dalla presentazione#section4

La cosa più ovvia che internet ha cambiato per i quotidiani e i periodici è la manifestazione fisica del medium stesso, ma, sebbene internet abbia introdotto nuove forme di materiale (pagine web, device app, API e simili), dicono effettivamente molto poco del danno a cui siamo scampati.

Al contrario, quando si parla del lato business delle cose, creare nuovi percorsi per i periodici vuol dire riconoscere quali parti dell’equazione non ci sono più, quali pezzi nuovi li rimpiazzeranno e quali componenti non torneranno mai più. Man mano che le capacità del web e dell’app design si evolvono per includere quelle dei media precedenti, è importante riconoscere che quelle cose non costituiscono soluzioni di business in sé e per sé. Fondere la tecnologia presentation-layer con i modelli di business può essere una distrazione costosa.

Adesso è il momento per i web developers, i designer e i digital strategist di tutti i tipi di condurre esperimenti per fare (e risparmiare) soldi con le cose in cui il web e la tecnologia riescono bene: raggiungere, scalare, disintermediazione e una moltiplicazione di sorgenti, sia istituzionali sia informali. Usati in maniera intelligente, questi attributi possono aiutare a costruire il business della nuova generazione di quotidiani e periodici, che si focalizzeranno di più sull’opportunità che sulla perdita.

Mentre il gioco potrebbe aver modificato i pilastri della vecchia economia dell’editoria, il potenziale per il suo futuro digitale rimane largamente non realizzato.

Sta a persone come noi aiutare a scriverlo.

Illustrazioni: {carlok}

Sull’autore

David Sleight

David Sleight è product lead in Readability e "principal" di Stuntbox, LLC. Trascorre le giornate cercando di aiutare con la strategia ed il design i produttori di news e l'editoria, ciancia di design, web e molte altre cose che stuzzicano la sua fantasia in Stuntbox e su Twitter.

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