Conversational design

Nota dagli editori: siamo lieti di condividere con voi un estratto del Capitolo 1 del nuovo libro di Erika Hall, Conversational Design, disponibile ora su A Book Apart.

L’articolo prosegue sotto

In passato non si scriveva molto in forma colloquiale perché non c’era alcun meccanismo per riprodurre la velocità della conversazione. Ma sms e messaggistica istantanea lo fanno – e una rivoluzione è iniziata.

John McWhorter, “Is Texting Killing the English Language?”

Attualmente, gli sms sono il nostro modo di parlare. Parliamo toccando piccoli messaggi su touchscreen: inviamo messaggi SMS su reti dati mobili o tramite app come Facebook Messenger o WhatsApp.

Nel 2015, il Pew Research Center ha rilevato che il 64% degli adulti americani possedeva uno smartphone di qualche tipo, in crescita rispetto al 35% del 2011. Ci riferiamo ancora a questi computer personali tascabili come telefoni, ma “Telefono” è ora solo una delle tante app di comunicazione che trascuriamo in favore del testo. Il texting è il servizio dati mobile più utilizzato in America. E nel mondo intero, quattro miliardi di persone hanno telefoni cellulari, quindi 4 miliardi di persone hanno accesso a SMS o ad altre app di messaggistica. Per alcuni, dettare i messaggi a un orologio da polso offre un’alternativa attraente all’effettuare una chiamata.

La popolarità dei messaggi può essere in parte spiegata dalla capacità del medium di offrire il facile meccanismo dare-e-prendere della conversazione senza richiedere attenzione continua. L’invio di messaggi di testo sembra una connessione umana diretta, resa ancora più accattivante da un ritardo imprevedibile e interruzioni irregolari. Qualsiasi digitazione è incidentale perché l’esperienza degli SMS assomiglia a malapena allo “scrivere”, un termine che suscita associazioni con la composizione ponderata. Nella sua TED talk, il linguista della Columbia University John McWhorter ha definito il texting come una “conversazione con le dita”, una terminologia che trovo strana, ma accurata. L’atto fisico, la digitazione, non è quello che definisce la forma o le sue convenzioni. La tecnologia sta abbattendo le nostre tradizionali categorie di comunicazione.

Stando ai numeri, l’invio di messaggi è l’interazione tra computer e uomo più avvincente. Quando scriviamo, ci immergiamo e dimentichiamo che i nostri scambi sono mediati dal computer. Possiamo imparare molto sul design digitale dall’attrazione inevitabile di queste piccole interazioni, in particolare sull’uso del linguaggio.

Gli insegnamenti del messaggiare#section1

Si tratta di un esempio interessante di ciò che rende interessante l’interazione mediata dal computer. Le ragioni per le quali le persone si sentono obbligate a prestare attenzione ai loro messaggi di testo, anche a rischio della propria salute e sicurezza, non sono gli alti standard di qualità, i cosiddetti rich media, o la complessità dell’insieme di feature.

L’invio di messaggi, e altre forme di social media, attingono a qualcosa di molto primitivo nel cervello umano. Questi sistemi offrono una connessione sociale sempre disponibile. La brevità e l’imprevedibilità dei messaggi stessi fa scattare il rilascio di dopamina che motiva un comportamento di ricerca che fa ritornare le persone per altro. Quello che rende le interazioni interessanti potrebbe cominciare su uno schermo, ma la cosa davvero interessante accade nella mente. E il linguaggio ne è una parte cruciale. Le nostre menti coscienti sono fatte di linguaggio, quindi è facile percepire i messaggi che si leggono non solo come parole ma come i pensieri di un altro mescolati ai propri. La solitudine sembra impossibile con così tante voci nella vostra testa.

Con un abbellimento visuale minimo, i messaggi possono inviare personalità, pathos, humour e narrazioni. Ciò è evidente in “Texts from Dog”, che, come indica il titolo, è una serie di scambi di sms immaginari tra un uomo e il suo cane. (Fig 1.1). Con solo alcune parole e l’uso ponderato delle maiuscole, Joe Butcher (che scrive come October Jones) crea una foto chiara della relazione tra un cane nevrotico e il suo esausto padrone.

Un cane manda un sms al suo padrone sui grattini sulla pancia.

Fig 1.1: “Texts from Dog” mostra quanto possa essere vivace un semplice scambio di messaggi.

Usare le parole è la chiave per connettersi agli altri umani online, proprio come lo è nel cosiddetto “mondo reale”. Permeare le interfacce con gli attributi della conversazione può essere potente. Sono ben lungi dall’essere la prima persona a suggerire questo. Tuttavia, poiché i computer mediano sempre più relazioni, comprese le relazioni con i clienti, chiunque pensi a prodotti e servizi digitali si trova in una posizione scomoda. Siamo intrappolati tra le collaudate pratiche del passato e la voglia di adottare la “next big thing”, a volte con l’esclusione di tutto il resto.

Essere intenzionalmente conversational non è facile.Ciò è particolarmente vero nel mondo degli affari e su scala, come nei sistemi digitali. Gli scrittori professionisti usano diversi tipi di scrittura per scopi diversi e ognuna ha regole che possono essere apprese. L’amore per la lingua è spesso alimentato dalla passione per le regole, regole che ci sono state insegnare in classe e che abbiamo ripassato nei manuali di stile e regole che offrono agli scrittori la comodità di essere corretti al di là di qualsiasi contesto specifico. Inoltre, c’è la comodità di aver finito con un pezzo scritto e di poter andare avanti. La conversazione, d’altro canto, è un’attività sociale dipendente dal contesto che implica un’immediatezza potenzialmente spaventosa.

Passare dall’idea di pubblicare contenuto per impegnarsi in una conversazione può essere disagevole sia per le aziende che per gli scrittori professionisti. Non ci sono regole. Non c’è una fine. Sembra tutto più personale. Usare un linguaggio colloquiale, perfino nel “semplificare” esperienze interattive, può entrare in conflitto con il desiderio di apparire esperti. Oppure il pendolo oscilla nella direzione opposta e uno stile spigliato si applica a un processo laborioso come una leggera mano di vernice.

Come materiale per il design e ingrediente nelle interazioni, le parole devono emergere dal recinto del contenuto ed essere considerate fin dall’inizio. Il modo in cui gli umani usano il linguaggio, facilmente, con gioia, a volte faticosamente, dovrebbe ancorare le basi di tutte le interazioni con i sistemi digitali.

Il modo in cui usiamo il linguaggio e il modo in cui socializziamo sono ciò che ci rende umani: il nostro passato contiene la chiave per ciò che comanda la nostra attenzione nel presente e cosa lo comanderà in futuro. Per capire come siamo diventati così perplessi dalla nostra qualità più umana, vale la pena dare una rapida occhiata a, oh!, l’intera storia nota della tecnologia della comunicazione.

La lingua madre#section2

Abituati a giudicare con gli occhi, possiamo dimenticarci che il linguaggio è iniziato nelle nostre bocche come una serie di suoni, come i richiami e i ringhi degli altri animali. Non sapremo mai per certo da quanto tempo parliamo (il parlato di per sé non lascia traccia) ma sappiamo che è da un periodo potenzialmente molto lungo.

L’archeologa Natalie Thais Uomini e lo psicologo Georg Friedrich Meyer hanno concluso che i nostri antenati hanno iniziato a sviluppare il linguaggio già a 1,75 milioni di anni fa. Secondo la documentazione sui fossili, gli umani moderni sono emersi almeno 190.000 anni fa nella savana africana. La prova della pittura rupestre risale a 30.000 anni (Fig 1.2).

Poi, appena 6.000 anni fa, gli antichi commercianti di merci sumeri si stancarono di essere derubati. Intorno al 3200 a.C., uno di loro ebbe l’idea di tracciare i conti grattando con dei legnetti su tavolette di argilla bagnate. Nacque così la scrittura cuneiforme.

Quindi, non sentitevi male perché procrastinate quando dovete scrivere: l’umanità ha postposto il tutto per un paio di centinaia di migliaia di anni! Secondo una stima prudente, abbiamo scritto per circa il 4% del tempo in cui siamo stati umani. Chattare è facile, scrivere è un compito arduo.

Prima della riproduzione meccanica, l’alfabetizzazione era limitata all’élite dal tempo e dal costo dei manoscritti. Fu l’ascesa della stampa che portò a un’alfabetizzazione diffusa: la distribuzione di massa dei testi ha permesso alle informazioni e alle idee rivoluzionarie di circolare attraverso le frontiere e le divisioni di classe. Il forte aumento dell’alfabetizzazione rafforzò una classe media emergente. E la capacità di registrare e condividere la conoscenza ha accelerato tutti gli altri progressi della tecnologia: fotografia, radio, TV, computer, internet e ora il mobile web. E i nostri altoparlanti parlanti.

Grafico che mostra l'evoluzione della comunicazione negli ultimi 200.000, 6.000 e 180 anni

Fig 1.2: Con il senno di poi, la “cultura letteraria” sembra ora una fase noiosa che dovevamo affrontare, così da poter arrivare ai messaggini.

Ogni volta che la nostra tecnologia di comunicazione avanza e cambia, così fa anche la cultura circostante: poi sfalda la struttura del potere e fa arrabbiare le persone che ne sono a capo. Gli arcivescovi cattolici inveivano contro la stampa a caratteri mobili del quindicesimo secolo. Oggi, gli insegnanti di lingua deplorano le emoji nei messaggi. Fare resistenza è, come sempre, inutile. OMG è ora elencato nel Oxford English Dictionary.

Ma mentre questi sviluppi hanno cambiato il mondo e il modo in cui ci relazioniamo gli uni agli altri, non hanno alterato il nostro profondo nucleo orale.

Tradizione orale, ditelo con me#section3

Oralità unisce le persone in comunità.

Walter Ong

Oggi, quando registriamo tutto in tutti i media senza pensarci troppo, è quasi impossibile concepire un mondo in cui l’intera nostra cultura esiste solo in forma di pensieri.

Prima dell’alfabetizzazione, le parole erano effimere e tutta la conoscenza era sociale e comunitaria. Non c’era alcuna opzione “salva” e nessuna proprietà intellettuale. L’unico modo per sostenere un’idea era condividerla, parlando ad alta voce ad un’altra persona in un modo che rendesse facile per questa ricordare. Si trattava dell’oralità, la prima interfaccia.

Non sapremo mai con certezza come fossero le culture puramente orali. I popoli senza scrittura sono terribili nel registrare cose. Ma per trovare degli indizi possiamo esaminare le tradizioni orali che persistono ad oggi.

La formula orale#section4

Leggere e scrivere rimasero attività elitarie per secoli dopo la loro invenzione. Nelle culture senza un sistema di scrittura, le caratteristiche orali persistevano per aiutare a trasmettere poesia, storia, legge e altre conoscenze attraverso le generazioni.

I poemi epici di Omero si basano su metro, formule e ripetizioni per aiutare la memoria:

Far as a man with his eyes sees into the mist of the distance Sitting aloft on a crag to gaze over the wine-dark seaway, Just so far were the loud-neighing steeds of the gods overleaping.

Iliade, 5.770

Immagini concrete come alba dalle dita rosate, cavalli schiamazzanti, mare oscuro color del vino e Achille pié veloce sono servite per aiutare il narratore a imprimere la storia nella memoria dell’ascoltatore.

Anche i proverbi biblici codificano la saggezza in un formato memorizzabile:

Lo stolto che ricade nella sua follia, è come il cane che torna al suo vomito.

Proverbi 26:11

È un’immagine vivida.

E un detto che è nato in Cina centinaia di anni fa può dimostrarsi sufficientemente duraturo per adornare alcune centinaia di oggetti di Etsy:

Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.

Tao Te Ching, Capitolo 64, attribuito a Lao Tzu

Il lavoro della letteratura#section5

L’alfabetizzazione ha creato una distanza nel tempo e nello spazio e ha disgiunto le conoscenze condivise dall’interazione sociale. Il pensiero umano è sfuggito dal presente esistenziale. Il lettore non ha bisogno di essere vivo contemporaneamente allo scrittore, né tantomeno deve passare il tempo allo stesso focolare o nella stessa agorà.

Liberati dai limiti della tradizione orale, i pensatori hanno esplorato nuove forme per preservare i propri pensieri. E che forme verbose e contorte presero:

The Reader will I doubt too soon discover that so large an interval of time was not spent in writing this discourse; the very length of it will convince him, that the writer had not time enough to make a shorter.

George Tullie, An Answer to a Discourse Concerning the Celibacy of the Clergy, 1688

Non c’è una cosa come il punto e virgola orale. E George Tullie non ha modo di sapere alcunché del suo pubblico futuro. Si rivolge a un generico lettore che non vedrà mai e da cui non riceverà mai un feedback. Scrivere in questo modo è stupendo per la precisione ma non va affatto bene per l’interazione.

La scrittura ha permesso alle persone istruite di diventare eremiti o accumulatori compulsivi, in grado di registrare e consumare conoscenza in totale solitudine, conferendo loro autorità e difendendone la proprietà. Sebbene così tanta scrittura abbia preservato anche gli archivi più ottusi, la piccola minoranza di comunità linguistiche che hanno fatto il salto di qualità all’alfabetizzazione ha anche guadagnato l’abilità di comporre, rivedere e perfezionare lavori di magnifica complessità, utilità e bellezza.

Le qualità della tradizione orale#section6

In Orality and Literacy: The Technologizing of the Word, Walter Ong ha esplorato le “psicodinamiche della tradizione orale”, il che, per inciso, è di per sé un’espressione piuttosto impronunciabile. Attraverso la sua ricerca, ha scoperto che l’abilità di conservare idee scritte non solo ha fatto aumentare la conoscenza, ma ha anche alterato i valori e il comportamento. Le persone che sono cresciute e hanno vissuto in una comunità che non ha mai conosciuto la scrittura sono diverse dalle persone alfabetizzate: dipendono le une dalle altre per conservare e condividere la conoscenza. Questo crea una relazione completamente differente e molto più intima tra idee e comunità.

La tradizione orale è immediata e sociale#section7

In una società senza scrittura, la comunicazione può avvenire solo sul momento e di persona. Suona come l’incubo di un introverso! La tradizione orale ha anche molti altri tratti caratteristici:

  • Le parole dette sono eventi che esistono nel tempo. È impossibile tornare indietro ed esaminare una parola o una frase detta. Sebbene chi parla possa provare a ripetere, non c’è modo di catturare o fare il replay di un’affermazione.
  • Tutta la conoscenza è sociale e vive nella memoria. Formule e pattern sono essenziali per trasmettere e trattenere conoscenza. Quando la conoscenza smette di essere interessante per il pubblico, smette di esistere.
  • Gli individui devono essere presenti per scambiarsi conoscenza o comunicare. Tutta la comunicazione è partecipativa e immediata. Chi parla può aggiustare il messaggio al contesto. La conversazione, la disputa e la lotta aiutano a trattenere questa nuova conoscenza.
  • La comunità è proprietaria della conoscenza, non gli individui. Tutti attingono dagli stessi temi, quindi non solo l’originalità non è utile, è un non-senso reclamare un’idea come propria.
  • Non ci sono dizionari o fonti autoritarie. L’uso corretto di una parola è determinato dal modo in cui viene attualmente usata.

La cultura letteraria promuove l’autorità e la proprietà#section8

I libri stampati hanno consentito la distribuzione di massa e hanno eliminato l’artigianato dai manoscritti, alienando i lettori dalla fonte delle idee e gli uni dagli altri. (Ong, pag. 100):

  • Il testo stampato è un oggetto fisico indipendente. Le idee possono essere preservate come una cosa, completamente separate dal pensatore.
  • Le opere stampate portatili consentono il consumo individuale. La necessità e il desiderio di spazio privato hanno accompagnato l’emergere di una lettura silenziosa e solitaria.
  • La stampa crea un senso di proprietà privata delle parole. Il plagio è possibile.
  • L’attribuzione individuale è possibile. La capacità di identificare un autore unico aumenta il valore di originalità e creatività.
  • La stampa favorisce un senso di chiusura. Una volta stampato, il lavoro è definitivo e chiuso.

L’alfabetizzazione basata sulla stampa ha assunto una posizione di autorità e dominio culturale, ma non ha completamente eliminato la tradizione orale.

La tecnologia ci ha riuniti di nuovo#section9

Tutto quello studio ha permesso alle persone di accumulare e condividere conoscenze, accelerando il ritmo del cambiamento tecnologico. E la tecnologia ha a sua volta trasformato la comunicazione. Ci sono voluti meno di 150 anni per passare dal telegrafo al World Wide Web. E con il web, una tecnologia che richiede alfabetizzazione, Ong ha identificato un ritorno al valore della tradizione orale precedente. L’ha chiamata oralità secondaria. Poi è morto nel 2003, prima dell’avvento dell’internet mobile, dove le cose si sono davvero fatte interessanti.

L’oralità secondaria è:

  • Immediata. Non c’è alcun ritardo necessario tra l’espressione di un’idea e la sua ricezione. La distanza fisica non ha senso.
  • Socialmente consapevole e di mentalità collettiva. Il numero di persone che possono ascoltare e vedere la stessa cosa contemporaneamente è nell’ordine del miliardo.
  • Discorsiva. Nel senso di essere sia più interattiva sia meno formale.
  • Collaborativa. La comunicazione invita a e permette una risposta, che può poi diventare parte del messaggio.
  • Intertestuale. I prodotti della nostra cultura si riflettono a vicenda e sono influenzati gli uni dagli altri.

Sociale, effimera, partecipativa, anti-autoritaria e contraria alla proprietà individuale delle idee: queste qualità assomigliano molto alla cultura di Internet.

Wikipedia: discussioni di conoscenza#section10

Quando qualcuno cita un genere musicale con cui non avete familiarità, per esempio, l’elettroclash o il plainsong, cosa fate per saperne di più? È possibile che inserendo il termine in Google finiate su Wikipedia, l’enciclopedia collaborativa di successo improbabile che non sarebbe esistita senza Internet.

Secondo Wikipedia, le enciclopedie esistono da circa duemila anni. Wikipedia esiste dal 2001 ed è il quinto sito più popolare del web. Wikipedia non è una pubblicazione ma una società che fornisce accesso alla conoscenza. Una comunità di volontari “Wikipedians” aggiunge continuamente e migliora milioni di articoli in oltre 200 lingue. È un fenomeno che manifesta tutti i valori dell’oralità secondaria:

  • Chiunque può contribuire in modo anonimo e chiunque può modificare i contributi di un altro.
  • L’output è gratuito.
  • Gli articoli dell’enciclopedia non sono attribuiti a nessun singolo creatore. Un singolo articolo potrebbe avere 2 editor o 1.000.
  • Ogni articolo ha una pagina di “discussione” di accompagnamento in cui gli editori discutono dei potenziali miglioramenti e una pagina di “storia” che tiene traccia di tutte le revisioni. Le discussioni accese non sono documentate. Hanno luogo come revisioni all’interno dei documenti.

Wikipedia è dirompente nel vero senso di Clayton Christensen. Ha creato un valore immenso e ha distrutto un modello di business esistente. Le enciclopedie tradizionali sono pubblicazioni governate da autorità e create da esperti e fact checker. Un progetto di volontariato gestito in modo collaborativo da dilettanti non retribuiti mostra che la conversazione è più potente dell’autorità e che la conoscenza umana è immensa e dinamica.

In un’intervista a The Guardian, un bibliotecario Britannico ha espresso un po’ di disprezzo per Wikipedia:

Il problema principale è la mancanza di autorità. Con le pubblicazioni stampate, gli editori devono garantire che i loro dati siano attendibili, poiché il loro sostentamento dipende da esso. Ma con qualcosa di simile, tutto ciò va a farsi benedire.

Philip Bradley, “Who knows?”, The Guardian, 26 Ottobre 2004

Wikipedia è immediata, orientata al gruppo, colloquiale, collaborativa e intertestuale – oralità secondaria in azione – ma si basa su fonti pubblicate tradizionalmente per la sua autorità. Dopotutto, qualsiasi cosa nuova che cambi il mondo lo fa inserendosi nel mondo. Mentre progettiamo nuovi metodi di comunicazione, dovremmo ricordare che nulla è più prezioso semplicemente perché è nuovo: piuttosto, la tecnologia è preziosa quando ci porta più di ciò che è già significativo.

Dai documenti agli eventi#section11

Pagine e documenti organizzano le informazioni nello spazio. Lo spazio era più un vincolo quando stampavamo la conversazione. Ora che Internet ci ha dato uno spazio virtualmente infinito, dobbiamo pensare a come la conversazione si muove nel tempo. Pensare di servire i bisogni delle persone in una cultura basata su Internet richiede un passaggio dal pensare a come le informazioni occupano lo spazio – i documenti – al modo in cui occupa il tempo – gli eventi.

Mandare messaggi vuol dire che non siamo mai stati più vivaci (ma silenziosi) nelle nostre comunicazioni. Sebbene abbiamo ancora un sacco di interazioni di persona, è facile farne a meno. Mandiamo via sms la lista della spesa al nostro coniuge. Facciamo clic su un menu in un’app mobile per ordinare la cena (l’ordine potrebbe ancora arrivare al ristorante via fax, dimostrando la massima di William Gibson secondo cui il futuro non è distribuito in modo uniforme). Scambiamo messaggi su Twitter e Facebook invece di far visita di persona agli amici, o anche mentre visitiamo gli amici di persona. Lavoriamo a casa e usiamo Slack con i nostri colleghi.

Ci stiamo rapidamente avvicinando a un futuro in cui gli umani scrivono messaggi ad altri umani e parlano solo a voce alta ai computer. Un’interazione testuale con una macchina che si adatta a un essere umano dovrebbe sembrare un’interazione testuale con un essere umano. Le parole sono una parte fondamentale dell’esperienza e fanno parte del design. Le parole dovrebbero essere la base per definire e creare il design.

Stiamo partecipando a una trasformazione culturale radicale. Le possibilità si manifestano in sistemi come Wikipedia che riescono a cambiare il mondo usando la tecnologia per connettere le persone in un unico sforzo collaborativo. E anche quelli di noi che creano il cambiamento soffrono di un certo ritardo. La cultura dominante educativa e professionale rimane basata su valori letterari. Siamo stati premiati per i risultati individuali piuttosto che per la collaborazione. Cerchiamo di “lasciare il segno” anche quando progettiamo sistemi mutevoli troppo complessi per consentire a una sola persona di rivendicarne la paternità. Cerchiamo l’approvazione da una figura autoritaria. Lavorare in modo sociale e interattivo dovrebbe sembrare la cosa più naturale del mondo, ma probabilmente ci vorrà un po’ di impegno.

La scrittura letteraria – qualsiasi scrittura che emerge dalla cultura e dagli standard di alfabetizzazione – è intrinsecamente non interattiva. Abbiamo bisogno di approcciare il design verbale non come un’opera letteraria, ma come una conversazione. Progettare sistemi interattivi centrati sull’uomo ci impone di riflettere sul nostro orientamento radicato attorno agli artefatti e alla proprietà. Dobbiamo allontanarci da una serie di norme che non si applicano più.

La maggior parte dei consigli su “scrivere per il web” o “creare contenuti” parte dal presupposto che stiamo “scrivendo”, ma per un mezzo diverso. Tuttavia, quando ci avviciniamo alla comunicazione come a un insieme di parti di contenuto piuttosto che di interazione, i clienti che si aspettavano una conversazione finiscono per sentirsi come se gli venisse consegnato un manuale.

Il software si sta cominciando a partecipare alla nostra cultura come pari. Quindi, dovrebbe comportarsi come una persona, viva e presente. Non importa quanta cosiddetta machine intelligence ci sia sotto: un insieme lungimirante di risposte programmatiche, piuttosto che una serie di documenti, può essere sufficiente se questi hanno le qualità della conversazione.

I sistemi interattivi dovrebbero evocare le migliori qualità delle comunità umane viventi: attive, sociali, semplici e presenti, non passive, isolate, complesse o chiuse.

La vita oltre l’alfabetizzazione#section12

In effetti, il linguaggio cambia le vite. Costruisce la società, esprime le nostre più alte aspirazioni, i nostri pensieri più basilari, le nostre emozioni e le nostre filosofie di vita. Ma tutto il linguaggio è in definitiva al servizio dell’interazione umana. Altre componenti del linguaggio – cose come la grammatica e le storie – sono secondari alla conversazione.

Daniel L. Everett, How Language Began

L’alfabetizzazione ci ha portato lontano. Vi ha portato fin qui a questo libro. Quindi, non sorprende che siamo legati a questa idea. La scrittura ci ha permesso di creare tecnologie che ci danno la possibilità di interagire gli uni con gli altri attraverso tempo e spazio e di avere accesso istantaneo alla conoscenza in un modo che i nostri antenati comparerebbero alla magia. Tuttavia, la creazione e lo scambio di documenti, sebbene potente, non è un buon modello per un’interazione vivace. Valori letterali mal riposti possono portare all’infelicità: lavorare da soli e preoccuparsi troppo dei posteri.

Quindi, è ora di lasciar perdere e vivere un po’! Siamo in un momento eccitante. Lo schermo del computer che un tempo rappresentava una pagina può ora offrire una finestra in un presente continuo che ricorda ancora tutto. Oppure, lo schermo potrebbe scomparire completamente.

Ora possiamo iniziare a immaginare, in maniera aperta, che costellazione di dispositivi connessi avrà una certa persona intorno a sé, e come possiamo offrire un’esperienza significativa e memorabile su ognuno di essi. Possiamo allontanarci dallo schermo e considerare quale insieme di input, output, eventi e informazioni si sommano per ottenere la migliore esperienza.

Questo è scoraggiante per i progettisti, certo, ma fenomenale per le persone. Pensare alle human-computer interaction da una prospettiva basata sullo schermo non è mai stato veramente centrato sull’uomo sin dall’inizio. L’interfaccia ideale è un’interfaccia che non si nota affatto: un mondo in cui la distanza dal pensiero all’azione è crollata e la semplice espressione di una frase può renderla tale.

Ci stiamo rapidamente lasciando alle spalle la “computer literacy”, la capacità di usare il computer. Sta a noi assicurarci che tutti i sistemi parlino correntemente il linguaggio umano.

Sull’autore

Erika Hall

Erika Hall ha lavorato nel web design and development sin dalla fine del XX secolo. Nel 2001, ha co-fondato Mule Design Studio dove guida la consulenza strategica. Il suo entusiasmo per il decision-making basato sull'evidenza l'ha portata a scrivere Just Enough Research. È frequentemente invitata a parlare di fronte a platee internazionali su argomenti che vanno dalla collaborazione e dalla design research al linguaggio di interfaccia efficace. Le sue attuali talk esplorano i limiti dell'utilizzo di dati quantitativi per prendere decisioni di design.

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