Lo squilibrio del culture fit

Quando ho fondato Bearded nel 2008, non avevo mai gestito un’azienda prima di allora. Questa mancanza di esperienza significava che non sapevo come fare molte delle cose che alla fine avrei dovuto fare in qualità di proprietario di un’azienda. Una delle cose che non sapevo ancora fare? Assumere.

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Quando si è trattato di dover cominciare ad assumere impiegati, ho pensato molto innanzitutto a che cosa servisse all’azienda, ossia quali skill mancassero. Ho chiesto dei consigli agli amici e mi sono fatto presentare a persone che conoscevano e che rientravano nel budget. Poi ho chiesto a me stesso quella che mi sembrava una domanda naturale: avrei voluto passare del tempo con queste persone tutto il giorno? Perché chiaramente, così sarebbe dovuto essere.

Il problema con questa domanda è che a me piace passare il tempo con persone a cui posso parlare facilmente. Un modo per far sì che accada è uscire con gente che conosce e apprezza gli stessi libri, la stessa musica, gli stessi film e le stesse cose che faccio io: persone con esperienze di vita simili. Potrebbe non sorprendervi sapere che le persone che hanno fatto le mie stesse esperienze e a cui piacciono le stesse cose che piacciono a me tendono ad assomigliarmi molto.

Il temuto culture fit#section1

Questo, amici miei, è il subdolo, involontario pericolo insito nel “culture fit” (ossia, la probabilità che un candidato per una posizione lavorativa sia in grado di conformarsi e adattarsi ai valori principali e ai comportamenti collettivi che costituiscono un’azienda). E la sola via d’uscita che ho trovato è riconoscerlo per quello che è – un inutile preconcetto – e correggerlo coscientemente.

Oltre ad essere discriminatori nel sopravvalutare ingiustamente persone come voi stessi, assumere per il culture fit ha almeno un altro danno maggiore: limita le prospettive.

In Bearded, il nostro focus principale è il problem solving. Che si tratti di problemi di user experience, di project management, di user interface o di sviluppo, questo è quello che facciamo ogni giorno.

Ho scoperto che se si collabora durante il problem solving si arriva a soluzioni migliori più rapidamente. Il cuore di una buona collaborazione consiste nell’avere due o più persone che discutono di una questione, suggerendo nuovi approcci, trovando pecche nelle reciproche idee o vedendo spunti laddove l’altra persona non li ha colti. E non è solo avere più di una persona, ma avere prospettive diverse.

Le prospettive come skill#section2

Una semplice scorciatoia nel trovare due persone che guardano in maniera diversa al mondo è trovare due persone con esperienze di vita diverse: genere, razza, religione, orientamento sessuale, background economico o abilità diverse… Tutti questi fattori influenzano la nostra prospettiva e le nostre esperienze. Quindi, prospettive diverse, o culture diverse, sono un asset. Un insieme variegato di prospettive può essere poi visto come una skill e pertanto è qualcosa per cui si assume coscientemente, oltre alle skill ed esperienze più tradizionali. Avere team diversificati riflette la nostra umanità e ci aiuta a fare un lavoro migliore.

Questa non è nemmeno solo la mia esperienza.

Stando alla ricerca condotta da Sheen S. Levine e David Stark, i gruppi che hanno personale variegato hanno prodotto risposte a domande analitiche più accurate per il 58%.

Quando siamo circondati da persone “simili a noi” siamo facilmente influenzabili ed è più probabile che si opti per idee sbagliate. La diversità spinge verso un pensiero migliore, più critico: contribuisce alla rilevazione degli errori e ci trattiene dal commettere errori di valutazione.

Gruppi più smart e un miglior problem solving a me stanno bene. E lo stesso vale per l’aumento di innovazione. Nel suo articolo per Scientific American, Katherine W. Phillips attinge a decenni di ricerca per giungere alle stesse identiche conclusioni.

La diversità migliora la creatività. Incoraggia la ricerca di nuove informazioni e prospettive, portando a processi di decision making e problem solving migliori. La diversità può migliorare la morale delle aziende, portare a scoperte senza restrizioni e innovazioni notevoli. Anche essere semplicemente esposti alla diversità può cambiare il modo in cui pensate.

Phillips non è la sola a collegare la diversità al profitto. Un’analisi di Morgan Stanley pubblicata nel maggio 2016 ha mostrato che le aziende con diversità di genere hanno avuto ritorni leggermente migliori con volatilità più bassa rispetto ai loro pari più omogenei.

Dovremmo essere pazzi a pensare di non creare team più diversificati, vero?

Le persone creano la cultura#section3

Recentemente ho parlato a Web Directions 2016 a Sydney e sono stato così fortunato da ascoltare una talk di Aubrey Blanche di Atlassian sul genere nel settore tech. Aubrey ha detto una cosa importante su come Atlassian abbia spostato la sua prospettiva dal trovare persone che rientrano nella propria cultura all’avere una cultura definita dalle sue persone.

Quando si fanno assunzioni, significa rifiutare l’intera questione “vorrei passare del tempo con loro?”. Al contrario, ho cercato di sostituirla con domande più culture-agnostic:

  • Sono gentili ed empatici?
  • Hanno a cuore il proprio lavoro?
  • Hanno buone capacità comunicative?
  • Hanno buone capacità di auto-gestione?

Se la risposta ad ognuna di queste domande è sì, allora è molto probabile che vorrò passare con loro tutto il giorno, indipendentemente dai film che guardano.

Come sottolinea Aubrey, possiamo quindi focalizzarci sui valori, lasciando stare la cultura. I nostri valori potrebbero essere quelli di trattarci bene a vicenda, di fare un ottimo lavoro che ci stia a cuore e di essere largamente indipendenti ma di comunicare bene quando è il momento di collaborare. Poi possiamo anche includere questa nuova domanda:

  • Portano una nuova prospettiva di valore?

Fare assunzioni basandoci su questi valori costruirà in maniera naturale una cultura che sia più a proprio agio con la diversità, perché i benefici della diversità diventano più chiari nelle nostre esperienze quotidiane.

Incoraggiamento e cambiamento#section4

Ora, non serve che io vi dica che nessuno è perfetto, ma quando si toccano argomenti così sensibili e che comportano grandi rischi, si vedranno molte persone perse nei meandri della disapprovazione, una cosa paurosa da guardare. A volte sembra quasi che la distanza tra noi e l’umiliazione pubblica sia un solo tweet discutibile o una battuta avventata.

Tenendo a mente ciò, lasciate che vi racconti di quando ero un idiota.

Giusto per dare un po’ di contesto, dovreste sapere che sono un maschio bianco, eterosessuale, cisessuale, cresciuto in un ambiente della upper-middle class, stabile e che ha un’attività lavorativa in proprio. Praticamente spunto quasi tutte le caselle dei privilegi.

Lo scorso anno, durante una conferenza di design, stavo chiacchierando con alcuni amici del settore. Ad un certo punto ho tirato fuori un meme che pensavo fosse divertente, finché uno dei miei amici non mi ha fatto notare che era sessista. E aveva ragione.

Ho pensato: oh cavolo, sono quel tizio alla conferenza, sono una pessima persona. Fortunatamente, il mio amico è stato gentile con me. Ha capito come non avevo colto le assunzioni sessiste di quella battuta ed è stato felice di farmelo notare senza estendere l’accusa di sessismo a me personalmente. Mi ha rassicurato efficacemente che avrei potuto fare qualcosa di sbagliato, pur rimanendo una buona persona. Mi ha dato l’opzione di ammettere un comportamento sbagliato e di correggerlo, senza odiarmi mentre lo facevo.

E questa, penso, possa essere la chiave perché le persone nella mia posizione molto privilegiata cambino. Quando saltano fuori problemi come questo, quando si fanno passi falsi e si mostrano i nostri pregiudizi e la nostra ignoranza, ecco che ci si presenta un’opportunità per cambiare. Ma tale opportunità è spesso molto più delicata di quello che ciascuno di noi vorrebbe. Cavarsela con successo in una situazione come questa richiede sensibilità e controllo da entrambe le parti.

Per il trasgressore, essere richiamati su una questione può sembrare come essere attaccati, come un atto di accusa. Per quelli tra noi che non sono abituati ad essere messi a disagio, può essere scioccante, qualcosa che vogliamo negare velocemente, rigettare quel disagio. Alla fine, però, non tutto il disagio è una cattiva cosa. Per dare valore ai sentimenti e alle preoccupazioni degli altri, per validare le loro diverse prospettive, potrebbe servire che ci sediamo per un po’ con il nostro orgoglio ferito o con la nostra idea di noi stessi ferita. Qualcosa che potrebbe aiutarci attraverso questi sentimenti difficili è ricordare che c’è una gran differenza tra comportamenti ed identità. Un comportamento negativo non è immutabile. È vero il contrario: un comportamento cattivo spesso è il primo passo verso un buon comportamento, se riusciamo a resistere al disagio di riconoscerlo e a raccogliere la forza di cambiare.

È difficile essere richiamati per un cattivo comportamento, ma le cose non sono esattamente semplici nemmeno dall’altro lato del confronto. Quando veniamo offesi dalle parole o dalle azioni sconsiderate di qualcuno, veniamo feriti emotivamente. Potremmo sentirci in dovere di rispondere a parole non premeditate con i nostri sentimenti in testa? Può essere difficile, ma impiegare la nostra empatia, la nostra compassione, insieme alla nostra critica, può essere il modo migliore per influenzare il cambiamento positivo che vogliamo vedere.

Adesso state facendo del vostro meglio. Ma tutti noi possiamo migliorare. Riconoscere che stiamo facendo delle brutte cose non ci rende brutte persone. Abbiate il coraggio di vedere cosa avete fatto di sbagliato (lo so, senza volerlo) e potrete sistemarlo. Potrete ammettere di avere dei privilegi ingiusti nel mondo, senza che sia colpa vostra essere finiti così. Il mondo è terribilmente, orribilmente ingiusto. Potrebbe anche peggiorare, ma dobbiamo fare del nostro meglio per equilibrare la bilancia e rendere le cose un po’ migliori. Io posso fare di più e lo stesso vale per voi. Quindi, vediamo se insieme riusciamo a finire in un posto migliore nel 2017.

Ringraziamenti#section5

Ringrazio Aubrey Blanche e Annette Priest per le loro oculate considerazioni e il loro feedback su questo articolo. La mia infinita gratitudine va, come sempre alla mia editor Rose Weisburd, che mi ha aiutato a trovare la mia strada questa volta ancora più del solito.

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