Nessuno Lo Sa: Imparare a Dire di No alle Cattive Idee

No. Una parola, una frase completa. Tutti noi abbiamo imparato a pronunciarla più o meno entro il nostro primo compleanno o poco dopo, quindi perché facciamo così fatica a dirla adesso, quando si tratta del nostro lavoro?

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Senso di colpa. Paura. Pressione. Dubbio. Crescendo, impariamo che non fare quello che gli altri si aspettano da noi può portarci a tutta una serie di conseguenze negative. Diventa più semplice cedere alle loro richieste piuttosto che lottare per noi stessi e per quello che riteniamo giusto.

Bisogno di Dire No#section1

Come user experience designer, mi sono creata una carriera dovendo dire “No”. E’ il mio lavoro mettere fine alle pratiche di cattiva progettazione all’interno di un’organizzazione prima di poter fare qualunque progresso nel miglioramento delle vite dei nostri clienti. Ed è molto facile.

Il mio cliente dice: “Voglio costruire una navicella spaziale!” Io dico: “No, dobbiamo fare un acquilone.”

Il mio cliente dice: “Dobbiamo lasciare quello spazio vuoto per la mia prossima idea geniale!” Io dico: “No, troveremo una spazio per la tua idea quando ne avrai una.”

Il mio cliente dice: “Voglio che sia fatto entro domani!” Io dico: “No, ci vorrà un mese.”

Sono un freno umano!

Ciascuno di noi porta all’interno dei propri progetti un’area di specializzazione ed è nostra responsabilità esibire tale conoscenza. Se non sapete nulla che gli altri componenti del vostro team conoscono già, allora probabilmente è il momento di andarsene. Ma se invece ne sapete, allora è vostra responsabilità affermare quella capacità e condividere le vostre conoscenze per il miglioramento del prodotto finale.

Il Mahatma Gandhi disse: “Un ‘no’ detto con la più grande convinzione è migliore e ha più valore di un ‘sì’ pronunciato solamente per compiacere, o, cosa peggiore, per evitare dei problemi.” In quanto persone che creano cose con la speranza che altre persone le usino, è completamente da codardi proteggerci prima di difendere i bisogni dei nostri utenti.

Quando dire di no#section2

Quando mi appassiono incredibilmente a qualcosa, tendo ad essere testarda. E quando riconosco un problema, non sono il tipo da tenerselo dentro. Come risultato, mi sono trovata in alcune situazioni con i miei compagni di team e con i clienti nelle quali sono stata piuttosto irritante nel pronunciare i miei no. Temendo di non essere stata compresa, enfatizzo oltremodo la mia posizione, al punto che le persone non sentono cosa ho detto, ma come l’ho detto.

Avendomi fatto notare la situazione ed essendomi stata data l’opportunità di sistemarla, posso liberamente ammettere adesso che stava intralciando il raggiungimento del mio obiettivo ultimo: aiutare le persone. In qualità di professionisti del design e dello sviluppo, veniamo spesso a trovarci in ricorrenti situazioni difficili, ma ci sono dei modi avveduti per gestirle. Forse ne riconoscerete alcuni tra i seguenti.

Citare le “best practices”#section3

Quando venite assunti per svolgere uno specifico compito nel vostro team, ma vi viene chiesto di fare qualcosa che non vi va giù, spesso il miglior modo per dire di no è semplicemente quello di educare le altre persone alle best practices.

Kelly Andrews, proprietario di 1618design ha recentemente ricevuto la richiesta di una cliente di rimuovere un sistema di registrazione rapido alla mailing list del loro sito che utilizza la sola email in favore di un’intera pagina contenente una form di registrazione.

Temendo che ciò avrebbe significativamente diminuito il loro numero di iscritti, Andrews informò la cliente che è pratica comune per i siti web includere una rapida procedura di subscribe dal momento che la maggior parte delle persone non vuole sprecare troppo tempo riempendo un form. Un semplice ma efficace business case: Andrews le spiegò che l’opzione più rapida “permetterebbe di catturare immediatamente l’attenzione delle persone interessate”. E questa si convinse. Non aveva considerato questo aspetto prima, ma una volta venuta a conoscenza dell’informazione, ebbe il potere di prendere la decisione migliore. “La cliente era felice per la decisione” disse Andrew. “Mi ringraziò perché ero un esperto e le stavo spiegando come funzionano le cose invece che semplicemente fare quello che mi aveva chiesto.”

I dati dominano#section4

Quando Samantha LeVan lavorava come user experience designer in Corel, era circondata da un grande team di ingegneri, i quali erano anche abituati a fare design. Per la maggior parte del tempo, avevano idee veramente interessanti da cui LeVan traeva liberamente ispirazione, ma ogni tanto si bloccavano su alcuni dettagli e LeVan avrebbe dovuto fornire le sue tesi.

In un particolare progetto, uno degli ingegneri sosteneva insistentemente che un componente drop-down fosse necessario per la selezione di tre opzioni. LeVan insisteva che tre radio button sarebbero stati più appropriati, ma gli ingegneri non ne erano convinti. Il disaccordo andò avanti per qualche giorno, prima che LeVan realizzasse che aveva bisogno di dati per avvalorare la sua tesi.

Fece ricorso a CogTool—un tool di UI prototyping che valuta automaticamente l’efficacia di un design basandosi su un “modello predittivo della performance umana”—sviluppato alla Carnagie Mellon University. I risultati mostrarono che l’expert use task time era drammaticamente ridotto dai radio button invece che dai drop-down. Gli ingegneri cedettero all’evidenza dei fatti.

“La vostra opinione non ha importanza” sostiene LeVan. “E’ importante che possiate sostenere la vostra tesi con dei numeri.”

Aumentate il vostro prezzo#section5

A volte, il modo migliore per dire di no ad un pessimo design è non prendere il progetto in prima battuta. Quando a Charlene Jaszewski, una content strategist freelancer, è stato chiesto recentemente di aiutare il fratello di un amico con il sito web per la sua azienda di produzione di cemento, sapeva che egli aveva un budget limitato, ma si aspettava di poterlo aiutare a limitare il proprio raggio d’azione.

“Oltre a volere ‘menu volanti’ su ogni singola pagina, in uno stile diverso per ciascuna pagina,” racconta Jaszewski, “voleva un diamante arancio gigante per i menu sulla pagina iniziale e, come tocco finale, voleva un’animazione creata ad hoc di un camion per il cemento sulla homepage e nella barra laterale di tutte le altre pagine—con la betoniera che gira con sopra il logo della sua azienda.” Ora, una cosa del genere mi dà subito i brividi.

Jaszewski suggerì che i suoi clienti sarebbero stati più interessati a dei contenuti rilevanti, come un portfolio con i suoi lavori precedenti, ma quello era convinto di aver bisogno di tonnellate di extra appariscenti per impressionare i suoi visitatori. E non era intenzionato a cedere.

Non volendo rifiutare il lavoro apertamente, Jaszewski contattò gli animatori e i designer Flash e tornò con un prezzo che era cinque volte il budget del proprietario dell’azienda di cemento. Questi chiese un prezzo più basso, ma Jaszewski semplicemente si scusò e disse che quella era la cifra che avrebbe dovuto pagare alle persone appropriate a svolgere il lavoro. Senza sorprese, il cliente rifiutò e Jaszewski scoprì più tardi che aveva cercato di farsi fare il sito dei suoi sogni per gli otto anni precedenti. Fortunatamente, non sarebbe stata lei a realizzarlo.

Spostare l’attenzione dal Cosa al Chi#section6

Nell’aprile del 2009, Lynne Polischuik, user experience designer indipendente, venne assunta da una startup allo stage iniziale—facevano un’applicazione web per photo-sharing privato—con funzione di project manager fino al momento del lancio. Il prodotto era pensato come un’alternativa a Facebook per i genitori che volevano dei gruppi privati di amici con cui condividere tranquillamente le foto dei propri bambini.

Dal momento che il team aveva immaginato il prodotto come attraente per tutti i membri della famiglia, volevano che le persone di tutte le età fossero in grado di usare l’applicazione, inclusi i bambini e i nonni senza un indirizzo e-mail. Per permettere ciò, svilupparono un sistema di login che faceva un uso esteso di cookies e di trucchi tecnologici per fornire un accesso sicuro senza richiedere all’utente l’inserimento delle sue credenziali. Costantemente, le cose non funzionavano e, come risultato, nessuno poteva effettuare il login.

Polischuik sentì la necessità di intervenire. “Arrivai alla conclusione che avevano bisogno di progettare non per i casi estremi, ma per i più probabili e che generano profitti.” spiega. “Se una persona non ha un indirizzo e-mail avrà abbastanza conoscenze per condividere immagini e foto sul web? Probabilmente no.”

Per portare il team dalla sua parte, Polischuik fece un passo indietro e facendo delle ricerche sugli utenti per sviluppare delle persone che guidassero le loro decisioni. Non appena il team si concentrò di nuovo sul “Chi” per cui stavano progettando, furono capaci di muoversi più strategicamente. Quando venivano a galla dei disaccordi sull’esecuzione durante la progettazione, avrebbe fatto dei rapidi test di usabilità per l’idea proposta e avrebbe fatto constatare con i loro occhi al team gli sforzi dei loro potenziali clienti. Reinquadrando la questione, allontanandola dalle loro opinioni e dimostrando l’impatto negativo sull’utente, l’opposizione veniva sconfitta rapidamente.

Come dire di no#section7

Lo scorso ottobre, mentre ero al telefono con Harry Max—un pioniere nel campo dell’Architettura dell’Informazioni, co-fondatore di Virtual Vineyards/Wine.com, (il primo sistema di shopping sicuro sul web), ed ora executive coach— mi sono lamentata perché avevo troppa carne al fuoco e avevo disperatamente bisogno che qualcuno mi concedesse un break.

Mi fece realizzare che in realtà io ero quella da biasimare, perché avevo accettato più lavori di quanti ne potessi gestire senza proteggere il mio tempo e mi raccomandò di leggere The Power of a Positive No [“Il potere di un no positivo”, ndr] di William Ury.

Quel libro cambiò la mia vita.

Ury propone una metodologia che faccia dire di no “per giungere al Sì.” Sostiene che il nostro desiderio di dire no non deve essere contraddittorio, ma piuttosto sostenere un sì più profondo—quello che riteniamo essere vero, giusto, virtuoso e necessario. E che invece che rendere la nostra difesa negativa, possiamo inquadrarla in una luce positiva che è più probabile che ci conduca ad un risultato più favorevole.

Quello che segue potrebbe suonare molto sentimentale, ma abbiate pazienza. Ha completamente trasformato il mio modo di gestire i conflitti e di prendere le decisioni.

La struttura di un no positivo è “Sì! No. Sì? affermazione.” Per dirla con le parole di Ury: Il primo Sì! esprime il vostro interesse; il No asserisce il vostro potere; il secondo Sì? incoraggia la vostra relazione. Ad esempio, potreste dire “Anche io voglio che i clienti potenziali vedano la nostra azienda come attuale e accessibile, ma non credo che una dozzina di badge di social media in alto nella pagina mi aiuteranno a raggiungere il mio scopo. E se trovassimo alcuni approcci alternativi e scegliessimo il più efficace insieme?”

Sostiene che non si debba solo dire di no in tale modo, ma anche di preparare ad esso e portarlo avanti su questa scia. Senza un piano e senza un’azione continuativa, la vostra affermazione è molto meno credibile—ed è molto meno probabile che funzioni.

Alcune delle tecniche pronte all’uso descritte nel libro vi aiuteranno quando verrà il momento di combattere per la vostra giusta causa.

  • Non dite subito di no. Non reagite a caldo alle situazioni, o potreste dire cose che non avevate intenzione di dire. Le cose sono raramente così urgenti come crediamo che siano, quindi aspettate un attimo, riflettete con calma in un posto tranquillo e pensate veramente alla questione che avete tra le mani. Non solo le vostre argomentazioni vi sembreranno più chiare quando avrete avuto la possibilità di provarle, ma è più probabile che la controparte sarà pronta per ascoltarle.
  • Siate precisi nel descrivere i vantaggi che offrite. Quando dite di no, è meglio descrivere quello che sostenete piuttosto che quello a cui vi opponete. Invece di mantenere solamente una posizione, aiutate l’altra persona a capire perché siete preoccupati e cosa state cercando di proteggere. Potreste perfino accorgervi che condividete lo stesso scopo e che potete lavorare assieme per trovare la soluzione giusta.
  • Preparatevi un piano B. Ci saranno occasioni in cui la vostra controparte non accetterà un No come risposta. Quindi, avrete bisogno di un piano B come ultima risorsa. Agirete scavalcando l’altra persona? Impedirete che il progetto vada avanti? Lascerete il posto? Esplorando in anticipo quello a cui siete veramente preparati, avrete considerevolmente maggiore confidenza per non cedere e non avrete paura di quello che potrebbe succedere dopo.
  • Esprimete i vostri bisogni senza mostrarli. La disperazione non è mai attraente e non vi porterà da nessuna parte. Presentate la vostra tesi con convinzione e dicendo la verità. La vostra asserzione cessa di essere vera se l’altra persona si rifiuta di essere d’accordo? No. Quindi, non comportatevi come se fosse così. Avere bisogno che l’altra persona aderisca alle vostre idee vi fa apparire insicuri e dipendenti, sminuendovi e mettendo loro in una posizione di potere.
  • Presentate i fatti e lasciate che siano gli altri a tirare le conclusioni. Azzardo una supposizione: la maggior parte del tempo lavorate con persone piuttosto intelligenti, logiche e abbastanza ben intenzionate. Forse, non hanno però tutte le informazioni che avete voi. Invece di dire loro cosa pensate, è più utile fornire i fatti necessari su cui possano poi trarre le loro conclusioni. A volte, lasciare che le altre persone si sentano come se la decisione fosse parzialmente loro vi aiuterà a percorrere la strada verso il vostro obiettivo.
  • Più è breve, più è efficace. Pascal una volta disse: “Ti ho scritto una lunga lettera perché non avevo tempo per scriverla più breve.” Più è lunga un’argomentazione più appare poco chiara e pensata male. Non avete bisogno di cinque motivi per cui qualcosa non funziona, una buona ragione funziona meglio.
  • Appena chiudete una porta, apritene un’altra. Non siate dei guastafeste. Se credete veramente che qualcosa non dovrebbe essere fatto, producete un’alternativa che possa essere appoggiata dal team. Non aiuterete nessuno—né tanto meno voi stessi— se farete semplicemente deragliare il progetto con le vostre obiezioni. Essere un giocatore in una squadra piuttosto che un “bastian contrario” vi farà guadagnare fiducia e rispetto per le vostre idee.
  • Siate educati. Novantanove volte su cento, parliamo di questioni di leggero disagio per i nostri utenti, non di questioni di vita o di morte. Non c’è motivo per alzare la voce, usare un linguaggio non appropriato o di far abbassare la cresta a qualcuno. Quando lo fate, impedite alle persone di sentire l’essenza di quello che state cercando di comunicare. Quindi, state calmi, siate gentili e date ai vostri compagni di team e clienti il rispetto che si meritano. Solo perché capite qualcosa che loro non comprendono, non siete persone migliori di loro.

Buono a sapersi#section8

Essendo orgogliosi del proprio lavoro e affermando il proprio ruolo all’interno di un team, sarete d’aiuto per la creazione di una ambiente positivo per tutte le persone coinvolte. Non ci sono dubbi sul fatto che le persone seguiranno le vostre orme e ogni persona diventerà maggiormente responsabile di sé stessa e per il bene più grande del progetto. Sarete visti come più professionali, più autoritari e molto affidabili.

Considerate anche la possibilità che stiate annientando le idee delle altre persone e che queste siano troppo spaventate per farsi sentire. Uno dei miei detti preferiti è: “Dio ci ha dato due orecchie ed una bocca e vanno usate in proporzione.” Facciamo in modo che questo ci ricordi non solo di dire di no, ma di avere la volontà di ascoltare dei no e di incoraggiare gli altri a fare lo stesso.

Illustrazioni: {carlok}

Sull’autore

Whitney Hess

Whitney Hess è una consulente di user experience design che vive a New York City. Rende le cose semplici e piacevoli da usare. Whitney lavora con Happy Cog, Boxee, House Party ed è una consulente per startup e grandi aziende. Il suo blog si chiama Pleasure and Pain.

3 Reader Comments

  1. come non condividere?

    è un articolo interessante e approfondito, dal quale tutti dovremmo imparare.
    dire di no è veramente difficile! come suggeriscono, bisogna sempre portare dati alla mano per provare la nostra esperienza e professionalità, spesso i clienti non si fidano "sulla parola", dobbiamo provarlo…

  2. lettura della sera

    Alcune cose possono sembrare banalità ma quando ci si trova in certe situazioni è facile scordarsi di tutto e andare a ruota libera, per poi pentirsi di ciò che si è fatto o detto. Bisognerebbe stampare questo articolo e leggerlo ogni sera prima di dormire.

  3. Educare i clienti

    In qualche occasione mi è capitato di utilizzare lo stratagemma di alzare il mio preventivo per chiamarmi fuori da una situazione di disagio mia nei confronti del cliente – o troppo esigente per il suo budget o poco incline ad ascoltare i miei suggerimenti o decisamente troppo maleducato.

    In pochi anni di lavoro come freelancer devo però dire che ho trovato pochissimi clienti disposti a discutere soluzioni alternative alle loro idee e soprattutto molto poco inclini ad investire nel web. L’idea che ne ho ricavato è che in Italia tanti pensano al sito web come ad un qualcosa da avere, ma non in termini di investimento. E purtroppo, per quel che è la mia esperienza, tanti credono ancora che basti un nipote, un amico o chicchessia per fare un sito, togliendo credito ai professionisti del web.

    Voi cosa ne pensate?

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