Dall’empatia all’advocacy

Nel corso degli ultimi anni, ho avuto il privilegio di lavorare con un numero di organizzazioni di “advocacy” [supporto, difesa, ndr] locali all’interno della mia comunità. Farlo mi ha reso profondamente conscio del ruolo cruciale giocato dagli advocate: operano sia su grande scala sia su piccola, dal lavorare con i legislatori per cambiare la politica pubblica all’aiutare il genitore single a riempire le scartoffie per trovare un asilo che gli permetta di tenersi un lavoro. Nonostante questa differenza, gli advocate hanno alcune cose in comune:

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  • sostengono una causa: in qualsiasi contesto lavorino, c’è un pattern esistente di cui non sono soddisfatti;
  • intervengono quando percepiscono uno squilibrio di potere;
  • fungono da traduttori tra gli “outsiders” e gli “insiders”.

Come persone che creano siti web, potremmo scoprire che pensare a noi stessi in termini di advocate dei nostri utenti, piuttosto che come creatori di un prodotto o fornitori di un servizio, trasforma il modo in cui lavoriamo.

Il settore dell’UX dedica considerevole attenzione al concetto di empatia e lo fa a ragion veduta, dal momento che comprendere gli utenti e i loro bisogni è alla base della realizzazione di esperienze di qualità. Nonostante ciò, l’empatia e la conoscenza da sole non creano automaticamente tali esperienze. Quello che conta è come il coltivare l’empatia cambi le nostre decisioni e i nostri comportamenti. La mia capacità di comprendere i bisogni di un’altra persona non fa nulla per soddisfare quei bisogni finché non comincio ad agire coscientemente, diventando non solo un ascoltatore, ma un advocate.

Molti di noi probabilmente sentono di mettere in pratica il design user-centered, ma il lavoro dello sviluppo web non avviene nel vuoto: spesso significa ereditare retaggi di decisioni passate e considerare una moltitudine di pressioni dovute agli affari. È complicato e intricato e come risultato gli utenti spesso ne soffrono. L’advocacy è quello che ci serve per migliorare la situazione: è il modo in cui navighiamo nel complesso mondo delle relazioni di affari e persuadiamo gli altri a interessarsi agli stessi principi che interessano a noi. E rendendo il linguaggio dell’advocacy parte delle nostre conversazioni quotidiane, cerchiamo costantemente di creare una cultura di rispetto per gli utenti piuttosto che aspettare che un progetto ci fornisca l’occasione giusta.

Squilibrio di potere#section1

L’advocacy può assumere molte forme, ma un modo per pensare ad essa è che quando c’è un significativo squilibrio di poteri tra due parti, il rischio che avvenga un’ingiustizia è alto. Più è grande la differenza maggiore sarà il rischio.

Una persona può sentirsi impotente per molte ragioni. Un esempio ovvio sono i bambini, ma ci sono anche le differenze nello status sociale o economico. Si può essere privilegiati in un contesto e impotenti in un altro. Ci sentiamo tutti impotenti ogni volta che qualcuno prende delle decisioni per noi. Quando vado dal dottore, sottoscrivo qualunque procedura mi ordini, spesso senza saperne il costo. Quando faccio la dichiarazione dei redditi, il governo decide se ho compilato tutto in maniera corretta.

Di fronte a un sistema grande e complesso, chi si sente impotente ha bisogno di un advocate, solitamente uno che lavora all’interno del sistema, per poter essere ascoltato. Altrimenti, è troppo facile per la parte privilegiata prendere tutte le decisioni basandosi solo sui suoi interessi e sulle sue preferenze, anche se involontariamente.

Questo è il motivo per cui i governi e le grandi organizzazioni a volte impiegano i difensori civici, che operano al di fuori della normale catena di comando e sollevano le lamentele che altrimenti potrebbero essere ignorate. Altri advocate indossano quella veste in maniera informale, semplicemente come persone che hanno a cuore una situazione o un problema.

Nello sviluppare applicazioni web, potrei essere tentato di pensare che il potere finale stia sempre nelle mani dell’utente. Dopo tutto, suppongo, controlla il browser e può sempre dirigere altrove i suoi interessi. Ma in molti casi, si tratta più di un’idea astratta che di una vera leva di influenza.

Lascerà davvero il social network che usano tutti i suoi amici? E se lo facesse, io, come developer, potrei mai saperne il motivo? Ci sono tante applicazioni che la gente si trova a dover usare perché manca una buona alternativa, come quelle fornite da un datore di lavoro. In molti casi, l’azienda che offre un sito detiene molto potere nelle sue interazioni con gli utenti.

Anche quando esistono delle scelte, gli utenti sono ancora quelli che non prendono decisioni di design: possono solo reagire alle decisioni già prese da sviluppatori e altri e sperare che qualcuno li ascolti. È improbabile che lasciare un sito web per manifestare il proprio dissenso abbia molto significato, perché è una dichiarazione passiva.

È difficile anche quantificare le esperienze. Per esempio, quando le barriere linguistiche creano un problema di UX, è difficile misurare la frustrazione che ne consegue o il suo costo in reputazione.

In una cultura di sostegno, la conversazione comincia dal valore base del rispetto per l’utente, piuttosto che dal documento di bilancio o addirittura dall’idea astratta di “best practices”. Non possiamo sempre dire che aggiungere una traduzione o rendere più accessibile quello che scriviamo migliorerà la nostra metrica per la soddisfazione del cliente di una certa percentuale. Ma possiamo dire “Dobbiamo essere un’organizzazione che riconosce la diversità dei nostri clienti e rispetta i loro tempi. Dimostriamolo facendo…”

L’advocate più efficace probabilmente è quello che ha una diretta esperienza nei panni dell’utente. Il membro bilingue del team sarà probabilmente molto sensibile alle barriere linguistiche. Questo non è sempre il caso, chiunque può sostenere una causa, ma significa che, come developers, dobbiamo fare molta attenzione alle persone che possono avere tale esperienza all’interno delle nostre aziende. Possiamo incoraggiarli a fungere da advocate in queste aree e a ricordarci le priorità che potremmo altrimenti sottovalutare.

Tuttavia, dobbiamo mettere in campo delle strutture per dare a questi advocate il potere di essere ascoltati. I difensori civici godono di un’autorità posizionale che, sebbene non sia assoluta, non viene respinta facilmente. Nel processo di design o di sviluppo, quella struttura potrebbe essere formalizzata come uno specifico ruolo all’interno del team di sviluppo (“Eve è la nostra user advocate in questo progetto”), o un’espressione di valori condivisi che dice “Se qualcuno pensa che una decisione non dimostra rispetto per i nostri utenti, smettiamo di fare quello che stiamo facendo e gestiamo la faccenda.”

Tradurre tra gli insider e gli outsider#section2

Un advocate funge anche da traduttore, aiutando gli outsider a navigare un sistema complesso e gli insider a capire la posizione di un outsider. Fare tutto questo in maniera efficace può essere una sfida e implica un mix di capacità tecniche e soft skills.

Nel web development, ovviamente, le interviste e i test produrranno gli insight per i bisogni degli utenti. Ma non ci si può aspettare che gli utenti articolino questi bisogni in una maniera tale che abbia senso per gli sviluppatori. Un buon advocate ascolterà, farà deduzioni e interpreterà i bisogni in modi che guidano all’applicazione pratica a un livello tecnico, così che possano negoziare efficacemente con gli sviluppatori e con altri stakeholder dell’azienda.

Le capacità analitiche di un advocate e un certo livello di imparzialità possono essere altrettanto critiche. Gli utenti potrebbero chiedere la luna, potrebbero descrivere i sintomi al posto del problema fondamentale o saltare alle conclusioni su quello che è il problema. Per esempio, quando un utente si lamenta che “il sistema è lento”, potrebbe voler dire che la risposta in tempo è pessima o che il sistema manda in confusione e ci vuole troppo tempo per svolgere un compito. L’utente potrebbe pensare che la soluzione giusta sia aggiungere un sistema di ricerca, quando in realtà pochi miglioramenti alla AI sarebbero già efficaci.

Il ruolo di un advocate consiste nel distillare i problemi principali dai meri input di sentimenti, reazioni e dati e, proprio come farebbe un avvocato, riconoscere i momenti in cui un utente chiede quello che non è nel loro diretto interesse. Quello che piace alle persone non è sempre la soluzione più efficace (sebben questa non sia una scusa per rimpiazzare semplicemente le loro preferenze soggettive con le nostre).

Interessi collettivi e storie individuali#section3

Gli “utenti” sono una massa senza volto e senza voce. Alice e Bob, d’altro canto, sono persone. Il terzo compito di un advocate è di rendere personale ciò che è impersonale, articolando gli interessi di un gruppo e aiutando chi prende le decisioni a vederli come persone piuttosto che numeri.

Una delle presentazioni più persuasive a cui ho mai assisto è stata fatta da una portavoce del Boys & Girls Club mentre descriveva il loro lavoro. Era persuasiva perché aveva fatto un lavoro egregio nel mettere insieme i dati del quadro generale sull’efficacia di certi programmi con le storie specifiche dei bambini con cui ha lavorato. Una cosa è sostenere i programmi per la prima infanzia basandosi su dati economici, un’altra è mostrare quanto la vita di un particolare bambino sia cambiata con un programma di sviluppo. I dati collettivi rappresentati attraverso le storie individuali diventano convincenti.

È piuttosto semplice distruggere l’esperienza di un gruppo di persone quando le si descrive con un’etichetta: per esempio, “utenti di IE7”. È ancora più facile quando l’etichetta descrive una minoranza del nostro pubblico, ma se penso alla mia amica Alice, che lavora in un ambiente sanitario dove i computer sono difficili da aggiornare a causa dei problemi regolatori, è molto più difficile spiegare perché merita di essere emarginata.

Le storie sono persuasive perché umanizzano il soggetto in questione e ci aiutano a connetterci emotivamente. Questo è ciò che rende le personas un tool di valore. Ma quando incontriamo resistenza, sono anche semplici da scartare come aneddotiche a meno che non siano supportate da dati più convincenti. Se volessi sostenere il punto che non dovremmo ignorare l’esperienza degli utenti di IE7, ho bisogno di sapere quanti utenti ho di questo tipo. Lo sviluppatore che davvero non vuole avere a che fare con IE7 potrebbe dire che sono “meno del 5% del pubblico”, un argomento puramente quantitativo che suona ragionevole. Ma magari quel 5% rappresenta migliaia di singoli individui. Quando racconto la storia di Alice, spiegando che è impossibilitata a cambiare il browser che le fornisce il suo datore di lavoro e sottolineo che abbiamo migliaia di altri clienti nelle sue stesse condizioni, l’argomento ha un peso molto maggiore.

L’Advocacy in pratica#section4

Le decisioni di design richiedono sempre che si bilancino gli interessi in competizione tra loro, ma in qualità di advocate dell’utente, credo che generalmente sia l’interesse dell’utente a dover avere la maggior parte del peso. Probabilmente, non tutti quelli che fanno parte dell’azienda saranno d’accordo, perlomeno non sempre. Per creare credibilità nel parlare al posto degli utenti, considero le seguenti linee guida pratiche.

Affermare la legittimità di altri interessi#section5

Ovviamente, è raro che un’azienda sia apertamente ostile agli utenti, ma portiamo tutti nella discussione un insieme di preferenze e preconcetti, che derivano dalla nostra esperienza e competenza. I dirigenti sono interessati nella performance finanziaria dell’azienda. I professionisti della sicurezza hanno interesse a proteggere i sistemi dalle intrusioni. Gli sviluppatori vogliono codice manutenibile e integrità del database. Le persone del marketing vogliono un’immagine del brand forte.

Si tratta di obiettivi perfettamente validi ma ciascuno di questi può facilmente trovarsi in attrito con ciò che sta a cuore agli utenti di un’applicazione web. Per gli utenti, cose come un buon prezzo, un’interfaccia chiara e del software che gli permetta di completare velocemente un task hanno un gran valore.

Un advocate esercita l’empatia non solo al posto dell’utente ma anche al posto dell’azienda. Per poter essere ascoltato, devo prima comprendere e rispettare quello che ha valore per chi prende le decisioni. Nel corso degli anni, ho avuto molte discussioni con i professionisti della sicurezza sui compromessi intrinseci per trovare un equilibrio tra usabilità e sicurezza: il sistema più sicuro di solito è sempre il meno usabile. Per esempio, il “feedback chiaro” della persona dell’UX nell’interazione con un login che non è andato a buon fine è la “perdita di informazione” della persona che si occupa della sicurezza. Per trovare un buon compromesso, devo rispettare il bisogno della sicurezza e le minacce estremamente reali a cui vanno incontro le moderne applicazioni web. Se la facilità d’uso fosse la mia unica priorità, potrei facilmente mettere a rischio un’applicazione.

Inquadrare la discussione in termini significativi#section6

Rispettare gli obiettivi degli stakeholder dell’azienda ci permette di perorare la causa delle decisioni user first in modi che attirano l’attenzione. Le considerazioni di UX possono spesso essere inquadrate come gestione del rischio, gestione del brand o altri valori dell’azienda.

Per esempio, immaginate che un sito web stia facendo un sondaggio tra gli utenti per fare ricerche di background per un potenziale nuovo prodotto. I dati guideranno decisioni critiche, quindi tutti penseranno che si tratta di un progetto user first, ma il questionario occupa lo schermo dell’utente per 10 secondi circa dopo il caricamento della pagina, quindi risulta frustrante. La conversazione potrebbe facilmente svolgersi così:

Persona della UX: Dobbiamo fare qualcosa per questo questionario. Sta facendo impazzire la gente.
Persona della ricerca: Abbiamo davvero bisogno dei dati e la gente vuole dire la sua nel nostro processo di design, giusto?
Persona della UX: Potremmo renderlo meno intrusivo però. Non c’è bisogno che occupi tutto lo schermo.
Persona della ricerca: Così non lo noterebbero e non avremmo dati sufficienti. Dobbiamo renderlo il più evidente possibile.
Persona della UX: I nostri utenti sono infastiditi.
Persona della ricerca: Ne vale la pena per un pochino. Avranno dei benefici a lungo termine.

Un approccio più efficace potrebbe essere:

Persona della UX: Posso parlarti del nuovo questionario? Sono davvero felice che stiamo usando questo tipo di ricerca per il nuovo prodotto.
Persona della ricerca: Sì, è emozionante.
Persona della UX: Abbiamo avuto delle lamentele sulla tempistica e sul modo in cui prende possesso dello schermo delle persone. Potremmo sistemare questi problemi? Temo che la frustrazione possa inficiare i vostri dati.
Persona della ricerca: Oh, non ci avevo pensato. Però abbiamo bisogno che sia messo molto in evidenza perché se non raccogliamo sufficienti pareri, sarà stato tutto inutile.
Persona della UX: Sicuramente. Posso mostrarti un paio di idee per un design diverso?

Per chiunque viva e si nutra di UX, la frustrazione dell’utente potrebbe essere di per sé una ragione sufficiente per fare modifiche al design, ma per l’analista che ha bisogno dei dati del questionario potrebbe sembrare un compromesso accettabile. Articolare il rischio per l’azienda scatenato dalla frustrazione, come influenzare i risultati del questionario, potrebbe rendere molto più persuasivo l’argomento. E proporre un’alternativa praticabile è sempre più efficace che semplicemente sottolineare un problema.

Siate pragmatici#section7

Se riconosciamo che altri interessi dell’azienda hanno valore, a volte dobbiamo essere pronti a perdere delle dispute sull’UX. Un’azienda non è una persona e la fredda logica del calcolo operativo può decidere che il costo di un cambiamento per migliorare la UX superi il suo beneficio. Gli advocate imparano a scegliere le loro battaglie e premono per il cambiamento dove è più importante.

Nel caso delle barriere linguistiche, per quanto vorrei vedere la traduzione completa di un sito web o di un’applicazione, si tratta probabilmente di una proposta costosa che molte aziende non sono pronte ad accettare. Ma forse ci sono alcune interazioni chiave in cui potrebbe essere molto utile e potremmo sostenere la necessità di una piccola spesa in quel caso. E se questo non funziona, possiamo sempre tornare a semplificare i testi quanto possibile per renderli accessibili alle persone non madrelingua. Ad ogni passo, anche se la soluzione non è ideale, mantiene visibile la questione e fa continuamente pensare alle esigenze di quel gruppo di utenti.

Mentre un’azienda può essere un’entità impersonale, è anche composta da persone che, nel bene o nel male, condividono una cultura comune. Come professionisti del web che parlano continuamente nel linguaggio dell’advocacy, possiamo coltivare un ambiente nel quale gli utenti siano rispettati anche quando perdiamo la battaglia per alcune singole decisioni.

Trovate una causa e cominciate da qualche parte#section8

Gli advocate con cui ho lavorato riconoscono i loro limiti. Si appassionano a una causa ma sanno che non possono cambiare il mondo tutto in una volta. Affrontano problemi gestibili e cercano sempre nuove opportunità. Cominciate dal trovare quel singolo problema di UX che vi interessa di più e cercate piccoli modi per migliorarlo e convincete gli altri a interessarsi. Potrebbe essere una delle grandi questioni dei nostri giorni, come la performance front-end o l’esperienza mobile, o qualcosa di molto specifico, come l’esperienza di un gruppetto di utenti interni con una particolare interfaccia amministrativa (che sono facili da trascurare e migliorarli è un modo incredibile per fare scorte per gli sforzi futuri).

Allo stesso tempo, proprio come la risoluzione dei maggiori problemi sociali dipende dalla politica pubblica, il nostro settore può migliorare solo quando lo sosteniamo pubblicamente, quindi è importante scrivere, parlare e condividere le nostre esperienze, particolarmente quelle che potrebbero essere uniche e poco rappresentate.

Ma sia che la scala sia grande o piccola, la chiave è incoraggiare, in noi stessi e negli altri, un sano livello di insoddisfazione con lo status quo e intraprendere azioni quotidiane che miglioreranno direttamente l’esperienza dei nostri utenti.

Illustrazioni: {carlok}

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