Ritorno al futuro nel 2016

Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 è successa una cosa divertente: abbiamo chiesto ad alcuni tra i nostri amici più intelligenti nelle community di web design e web development quali sono le nuove skill hanno in mente di apprendere o su cosa hanno intenzione di spostare la loro attenzione nel lavoro durante il nuovo anno. Non pensavamo che rispondessero molte persone dal momento che si trattava di una settimana di vacanza, ma mai sottostimare la passione di questa community! Abbiamo ottenuto le risposte a quello che abbiamo chiesto e molto di più. Davvero molto di più.

L’articolo prosegue sotto

Le risposte dei nostri amici ricadono in quattro grandi categorie: design, insight, tools e work. Tuttavia, una nozione si è presentata più e più volte: a volte occorre fare un passo indietro per andare avanti. Ci fa molto piacere condividere questa cornucopia di saggezza con tutti voi. Buon anno!

Design#section1

Cennydd Bowles, digital product designer#section2

Giocherò un po’ con il sound design. L’era dei computer a forma di scatola beige ormai è passata, ma siamo ancora paralizzati da quella volta in cui un MIDI in autoplay ha attirato su di noi le occhiatacce dei nostri colleghi. Ho l’impressione che dei “blip” e degli “swoosh” intelligenti e pertinenti possano davvero rendere migliori i nostri prodotti. Quindi, aspettatevi di trovarmi immerso in Max MSP e nell’opera di fisica di Andy Farnell Designing Sound.

Josh Clark, principal di Big Medium#section3

Mi sto buttando sul mio rinnovato interesse per le interfacce fisiche per i sistemi digitali. Invece di farci tirare sempre più dentro i nostri schermi, sono appassionato all’idea di spostare le interazioni digitali nel mondo in cui in realtà vivono, respirano e si muovono. In parte, si tratta della continuazione del lavoro che ho descritto in Designing for Touch: dare alle interazioni digitali l’illusione della fisicità via touchscreen. Ma punto anche a muovermi nella direzione opposta, dando al mondo fisico una presenza digitale. Come possiamo spingere la frontiera del web oltre lo schermo usando nuovi metodi di input/output? Con i miei clienti nel settore retail e medico sto esplorando il modo in cui le app e i servizi web possono usare i sensori per toccare il mondo (e in che modo il mondo possa ritornare il tocco). Nei miei side project sto sperimentando con il Physical Web per capire cosa succede quando si può “cliccare” su qualsiasi oggetto o luogo e attivarne un’interfaccia web. In tutto questo, giocano un ruolo centrale gli incredibili dispositivi mobile che portiamo in tasca o in borsa. La trovata è che invece di distrarci dal nostro mondo, i nostri gadget mobile possono anche illuminarlo con nuova intelligenza.

Nathan Curtis, founder e direttore di EightShapes#section4

Le living style guide sono di gran moda. Ne vengono pubblicate di nuove quasi ogni settimana dai team di importanti organizzazioni e vengono celebrate da una comunità adorante. Bootstrap, Foundation, Material Design (e le sue connessioni con MDL e Polymer), PatternLab e Lightning offrono degli esempi che le masse possono seguire. Il risultato? Le guide sono un prodotto prevedibile e scontato.

È più interessante – e complicato – capire come inserire ed allineare queste definizioni tangibili di design in mezzo a tutte le persone che fanno cose. Questa è la parte “viva” delle style guide: modellare e rendere operativo un sistema ben definito per molti team che lavorano contemporaneamente. Il design ha voluto la bicicletta: eccola, adesso pedali!

Tokens di Salesforce e 18F di APIs offrono dei suggerimenti sul modo in cui diffondere le proprietà a tutti questi atomic designs, ma, perlopiù, vediamo solo la superficie: l’artefatto come sistema, non ancora il modo in cui tutti gli altri fanno affidamento su ogni singola parte e in che modo facciano funzionare il sistema per loro.

L’architetto che c’è in me sente odore di opportunità. Come può la nostra professione creare modelli più potenti dei prodotti digitali e delle piattaforme (come il web per iOS e Android) e oltre (dal digitale alla stampa e altro) per rendere sistematica un’intera azienda?

Meg Dickey-Kurdziolek, freelance UX’er#section5

Torno indietro a quando, in una delle mie lezioni durante il corso di laurea al Virginia Tech, un ospite dell’ufficio Services for Students with Disabilities è venuto a farci una lezione. Ci disse che avremmo dovuto pensare a noi stessi come TABs: Temporarily Able-Bodied. Diventiamo tutti vecchi e prima o poi svilupperemo una disabilità. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di creare prodotti che saremo ancora in grado di usare quando verrà quel giorno. All’epoca, la me stessa di vent’anni circa trovava difficile immaginare di sviluppare una disabilità. Più di dieci anni dopo sono ancora, grazie al cielo, una TAB, ma ho incontrato più persone e ho avuto più esperienze che mi hanno impressionato per quanto effimero possa essere lo status di TAB. Una di quelle persone è Chris Maury, a cui è stata diagnosticata la degenerazione maculare dovuta alla malattia di Stargardt. Questo significa che Chris sta diventando cieco. Quando Chris ha cominciato a guardare gli strumenti di accessibilità su cui un giorno avrebbe dovuto fare affidamento, ne è rimasto profondamente deluso. Ha preso in mano la situazione e dato inizio a Conversant Labs.

Quest’anno lavorerò con Chris e il team di Conversant Labs per esplorare quello che possono fare gli UX designer per rendere più accessibili i prodotti. Cercherò anche di tenere a mente il mio status di TAB mentre disegnerò idee, progetterò e realizzerò.

Daniel Ferro, senior interaction designer in Forum One#section6

Penso ci sia un difetto nel settore dell’UX: l’attenzione è così tanta sul portare l’utente dal punto A al punto B, sul progettare solo quello che serve all’utente, che tendiamo a dimenticarci di progettare quello che un utente vuole o quello che renderà ancora migliore la loro esperienza. È come se ci dimenticassimo che la X in UX sta per experience.

In un tipico documento di UX, di solito non si trovano da nessuna parte la gioia e la bizzarria. Cosa c’è di male nell’aggiungere un po’ di piacere? Non toglie nulla alla funzionalità del sito web o dell’applicazione: in effetti è quello che contraddistingue uno strumento puramente funzionale da uno divertente da usare.

Questo è proprio quello su cui voglio concentrarmi nel 2016: la meraviglia in posti inaspettati. Voglio che l’animazione discreta di quando un utente clicca su un pulsante o passa sopra a una foto o fa qualcosa tanto semplice come l’evidenziare del testo per copiarlo, sorprenda l’utente. Voglio che la più semplice delle interazioni porti con sé un sorriso. Come esempio, guardate il discreto “floating action button (FAB)” per la condivisione sui social che ho implementato in basso a destra sul sito web Farm to School 2015 Census. È ispirato al Google Material Design, dal momento che credo che Google stia dettando la rotta nel web e nell’interaction design al momento e continuerà a farlo per tutto il 2016.

Anne Gibson, information architect#section7

Nel 2016, voglio passare più tempo a studiare la Lean UX, specialmente nei contesti aziendali. Voglio esplorare il modo in cui i nostri design influenzano il modo in cui si sentono i nostri utenti. Come posso rendere più semplice per qualcuno il sentirsi meno stressato, più rilassato, con maggior controllo sulla propria vita? Infine, voglio continuare ad esplorare il modo in cui comunichiamo gli obiettivi di design attraverso strumenti quali i “capability strategy sheets”.

Cyd Harrell, UX researcher e citizen experience advocate#section8

Nel 2016, mi avventurerò nell’esplorazione dei modi per traghettare le maggiori istituzioni dal XX secolo al XXI. Il mio lavoro consiste in gran parte nell’aiutare i funzionari della pubblica amministrazione a progettare amministrazioni che soddisfino i bisogni degli utenti, ma sono anche affascinato dall’istruzione. I nostri attuali sistemi per questi due (ed entro certi limiti anche per la medicina e la finanza) sono costruiti attorno all’autorità e alla direzione istituzionale. Abbiamo ancora bisogno di istituzioni, ovviamente, però, man mano che la nostra società diventa sempre più complessa, variegata e tecnologica, abbiamo bisogno che utilizzino il proprio potere in maniera differente. Abbiamo bisogno che diventino più flessibili, più agili e reattivi ai bisogni dei propri clienti e di supporto per i vari tipi di potenziale umano. Abbiamo gli strumenti ed è abbastanza facile arrivare a delle vision. Ma, francamente, le vision contano poco. La mia attuale ossessione è il fare davvero il lavoro, liberare le menti dedite al design di persone appassionate esperte in quei settori, questo tipo di problema di meta-design.

Val Head, designer & consultant#section9

Due cose che voglio esplorare nel 2016 sono il sound design e la data visualization. Ho preso Sound Design: The Expressive Power of Music, Voice and Sound Effects in Cinema durante le vacanze per cominciare a guardare un po’ il sound design. Mi affascina il modo in cui si può usare il suono per dare informazioni e per raccontare una storia. Sono esaltata all’idea di imparare molto a questo riguardo e magari anche di usarlo nel mio lavoro di design.

Uno dei miei progetti preferiti del 2015 implicava l’animazione di piccole data visualization in SVG per una serie di articoli. È stato un progetto divertente ma mi ha anche fatto capire quanto poco so del lavorare con i dati. Ho messo in coda i corsi di Nicholas Felton su Skillshare per cominciare a migliorare le mie skill di data design quest’anno.

Allontanandoci dal computer, mi piacerebbe anche fare più lavorazioni di metallo quest’anno. Ho avuto una folgorazione imparando a fare alcuni pezzi base di gioielleria la scorsa estate. Parteciperò a dei laboratori in Contemporary Craft a Pittsburgh durante alcuni week-end dei prossimi mesi, per produrne ancora.

Andrew Johnson, designer#section10

Non ho idea di cosa mi riservi quest’anno ma sono affascinato dalle sfide di design associate all’ubiquità della tipografia e al suo ruolo chiave nelle interfacce. La community della tipografia è grandiosa e non vedo davvero l’ora di continuare a collaborare a progetti o crearne di nuovi come Typography.supply e Cartography, che, spero, contribuiranno alla conversazione.

In parallelo alla progettazione per il web, sto anche pianificando di avventurarmi nel game development. La sua affinità per la creazione di esperienze “immersive” ed emozionati attraverso il codice devia in maniera interessante dal product design.

Su entrambe i fronti, la talk di Wilson Miner “When We Build” continua ad ispirarmi. Create cose e basta.

Michael Johnson, creative director di Happy Cog#section11

Ho osservato come alcune persone hanno usato il caso per dare forma a un’esperienza, proprio come John Cage creava dei parametri della performance e poi lasciava che fosse il caso a determinarne il risultato. Vedo una correlazione approssimativa nella “performance” tra designer e cliente e tra cliente e sito, in cui nel corso della vita di un sito web si dovrebbe tenere in considerazione l’estetica del tempo. Precedentemente, vedevo l’approccio “caso migliore” come prevenzione all’inevitabile decadimento e ho cercato, perlopiù senza successo, a modi in cui incoraggiare una specie di “invecchiamento con grazia”. In quasi tutti i casi, la cosa è stata mandata all’aria da qualcosa di inaspettato (Beh, Cliente, quello è sicuramente un modo nuovo per usare un carosello…) ma ho visto sufficienti piccoli successi che mi fanno pensare che lasciare un livello responsabile di ambiguità e aprire un sistema chiuso all’opportunità delle operazioni mirate può contribuire alla crescita e all’evoluzione di un sistema piuttosto che semplicemente resistere a un lento declino. Alcuni pensatori utopistici negli anni sessanta hanno affrontato in maniera simile la pianificazione urbana, concludendo che, come in natura, le mutazioni casuali apparentemente non intenzionali, come i pattern sinaptici o simili ai frattali visti nelle città emergenti, potrebbero dare inizio a una forma più pura una volta sollevati dal controllo iniziale dell’autore. E progettare per la longevità è l’obiettivo di molti di noi, vero?

Gerry McGovern, founder di Customer Carewords#section12

Un’area che esplorerò nel 2016 è quella del declino della fiducia nei brand, nelle aziende e negli esperti e l’impatto di questo sul design digitale. In concomitanza, c’è un aumento della fiducia nei propri pari e nelle “persone come me”. Una delle conseguenze di questo spostamento della fiducia è che le persone non si fidano della complessità ma della semplicità e delle cose che danno loro potere e permettono loro di connettersi di più. Qui ci sono molte opportunità per design che danno poteri e che sono semplici da usare.
Mi interessa molto esplorare se il marketing e la comunicazione tradizionali (linguaggio emozionale, immagini stock, design belli) continueranno a minare la fiducia. Nel passato, ho notato che i design che si caricano velocemente e che sono rapidi da usare fanno aumentare la fiducia. Mi metterò a fare delle ricerche sul modo in cui la velocità influenza la fiducia.

Sto leggendo:

Cameron Moll, CEO, Authentic Jobs#section13

Ci sono molte cose che esplorerò nel 2016, ma quelle importanti per questa raccolta sono in particolare due: primo, mi butterò con maggior intensità nel design unificato (“unified design”). Ho cominciato a parlare di questo argomento in varie conferenze circa due anni fa e da allora è diventato sempre più importante. Nel nostro settore, due anni equivalgono a dieci e questo mi dice che non si tratta di una moda passeggera. Penso di parlare e scrivere ancora di più riguardo allo unified design nel 2016. Secondo, ho cominciato ad essere… intrigato o preoccupato, non so nemmeno io quale sia la parola giusta… dal prezzo che paghiamo per il lavoro che facciamo durante il corso di una carriera. Magari è perché fra poco avrò 40 anni o magari è perché durante le vacanze ho guardato il film Everest e mi sono ritrovato a chiedermi perché ci spingiamo così irragionevolmente lontano per realizzare i nostri sogni. In ogni modo, è da qualche settimana che ho nel mio carrello di Amazon la biografia di Frank Gehry di Paul Goldberger, Building Art: The Life and Work of Frank Gehry, e magari finalmente la ordinerò per capire in che modo la sua carriera ha avuto un impatto sulla sua vita personale.

Yesenia Perez-Cruz, senior product designer in Vox Media#section14

Nel 2016, mi concentrerò sull’essere più ponderata nelle mie decisioni di design. I designer oggi devono destreggiarsi tra molti task: creare siti belli, che catturino e che siano veloci su reti spesso poco affidabili. Non è una sorpresa che l’attuale panorama del web sia pieno di siti web pesanti, con dozzine di web font, immagini e interazioni complesse oppure di siti super-minimalisti che mancano di personalità.

L’anno scorso, ho sostenuto la necessità di trovare un equilibrio tra la velocità e l’estetica quando si progetta un sito web. Il mio processo per trovare questo equilibrio è stato un po’ reattivo: rimuovevo dettagli di design visualmente ricchi finché non soddisfacevo il mio performance budget. Quest’anno voglio essere più proattiva.

Un aspetto in cui voglio prendere decisioni più sensate è la tipografia. Mi è piaciuto moltissimo il posto di Marcin Wichary, design lead di Medium, sulla loro decisione di usare font di sistema per la loro interfaccia utente. I font di sistema hanno un che di nativo nei device degli utenti e fanno risparmiare byte preziosi. Questo ci dà spazio per essere espressivi con il testo display e con gli heading. Ho già iniziato ad applicare questo modo di ragionare al mio lavoro e sono esaltata all’idea di condividere quello che ho imparato a An Event Apart quest’anno.

Susan Robertson, front-end developer#section15

Ho passato le vacanze invernali ad esplorare di nuovo il disegno, a ritornare molto low-tech e a prendermi del tempo lontano dallo schermo: mi sono entusiasmata per cose come la composizione, il design, il layout e la tipografia mentre lavoravo alla creazione di estensioni del block notes che funzionassero nello spazio e ho fatto un uso interessante del colore, del layout e ho creato il mio block lettering. Quindi, nel 2016 spero di continuare su questa strada. Come sviluppatrice che implementa sempre i design, spero di approfondire il visual design e gli elementi che lo fanno funzionare bene su schermi di varie dimensioni. Sono particolarmente interessata ai “seams”, come le ha chiamate Ethan Marcotte nel suo ultimo libro, Responsive Design: Patterns and Principles. Dal momento che passo così tanto tempo a pensare ai pattern, voglio pensare di più al tutto e lo farò tornando sui libri di design, esaminando libri come Visual Grammar, The ABCs of Bauhaus, Comics and Sequential Art e magari alcuni libri sulla storia dell’animazione.

Jen Simmons, host ed executive producer di The Web Ahead; designer advocate in Mozilla#section16

Una volta, usavamo un HTML hackerato, pieno di tag table per fare il layout delle pagine web. Poi siamo passati all’uso di CSS e i nostri design pattern sono cambiati e cambiarono anche le nostre idee di quello che dovrebbe essere un sito web. Per circa cinque o sei anni abbiamo fatto miliardi di siti a larghezza fissa, con il tipico layout header-main-sidebar-footer.

Poi sono arrivati i piccoli schermi e le media queries. E il Responsive Web Design. Abbiamo passato gli ultimi quattro o cinque anni a cercare di sentirci a nostro agio con nuovi tool e nuove tecniche e con nuove idee su come dovrebbe essere una pagina web. Abbiamo spostato in giro quelle colonne a seconda dei breakpoint e ci siamo messi nel nuovo ordine di idee di come avremmo dovuto creare il layout della pagina.

Beh… Tutto sta per cambiare di nuovo.

Sia che progettassimo in maniera fissa, fluida o responsive, siamo sempre stati molto limitati da quello che poteva fare CSS. Pare che abbiamo creato i layout di pagina con proprietà CSS che in realtà erano state inventate per gestire solo piccole parti di una pagina. Abbiamo passato anni a cercare hack geniali per ottenere alcuni design di pagina e ci siamo fermati lì. Senza alcun tool real per i layout in CSS non abbiamo osato pensare in maniera creativa.

È stato un decennio doloroso. Abbiamo lenito questo dolore inventando e usando tool come 960.gs, Bootstrap e Foundation. Questi tool prevenivano i bug, rendevano lo sviluppo più veloce e ci risparmiavano il bisogno di molti calcoli fastidiosi, ma molto presto non ci serviranno più questi tool. Saremo in grado di scrivere CSS vero, vanilla CSS per creare in maniera semplice layout di pagina personalizzati. In che modo? Usando il nuovo CSS. Un CSS migliore. Proprietà CSS che sono state inventate per i layout di pagina.

Flexbox è già qui. Il 2016 sarà l’anno in cui arriverà CSS Grid. Possiamo combinarli con CSS Shapes, Viewport Units, Multicolumn Layout, Rotation e altro ancora per progettare della pagine incredibili. Possiamo finalmente fare davvero art direction sulla piattaforma digital più grande, se decidiamo di farlo.

Ovviamente, il nuovo CSS renderà più veloce e più semplice l’implementazione degli stessi vecchi layout che abbiamo progettato per anni. Che noia. Siamo già completamente annoiati dagli stessi layout ripetuti migliaia di volte. Sono molto più incuriosita da cosa verrà dopo questo. La vera rivoluzione ci sarà quando cominceremo a progettare pagine che nessuno ha mai visto prima. Quando creeremo collettivamente dei nuovi design pattern, quando inietteremo nuova linfa nei nostri siti usando il layout davvero adatto al contenuto che abbiamo sotto mano, creando una nuova esperienza di lettura, visualizzazione e uso.

È ora di lasciarci andare e sognare i layout di pagina più disparati. È ora di giocare con CSS per vedere cosa è possibile e cosa non lo è. Sono incredibilmente entusiasta per quello che verrà. Passerò tutto il 2016 a fare esperimenti e ad inventare. Parlerò a una serie di conferenze, inclusi tutti gli An Event Apart del 2016. Scriverò dei post per CodePen, scriverò articoli (inclusi quelli per A List Apart), creerò degli screencasts e registrerò ancora più episodi del mio podcast. Seguitemi su Twitter per restare aggiornati.

Rian van der Merwe, product design director in Jive Software#section17

Il 2015 è stato l’anno in cui mi sono concentrato su me stesso. Ho passato molto tempo ad apprendere nuove skill e nuovi tool di design e mi sono focalizzato sugli intricati dettagli dei prodotti su cui lavoro. Nel 2016, spero di ricavare un po’ di tempo per studiare ed esplorare cose nelle aree periferiche del design, che a un primo sguardo si direbbe che non abbiano molto a che fare con il design di prodotti digitali, ma che mi aiuteranno ad espandere il modo in cui penso al design e lo metto in pratica.

Questo include hobby apparentemente strani. Recentemente, mi sono molto interessato alla realizzazione di orologi meccanici. Mi interessa (ancora!) molto l’intersezione tra architettura e design, in particolare il design urbanistico, quindi non vedo l’ora di leggere The Death and Life of Great American Cities. Poi, oltre alle mie attività di design al lavoro, spero di tornare a scrivere un po’ di più per il mio blog. Il 2015 è stato l’anno di Medium e delle newsletter e penso di avere un po’ di nostalgia per l’umile blog personale, il portico dimenticato su internet. Seguitemi se vi va.

Jeffrey Zeldman, founder di Happy Cog & editore di A List Apart#section18

Nel 2016, mi rimboccherò le maniche, imparerò qualcosa di nuovo e mi rimetterò in gioco con il design per i clienti.

Insieme ai miei meravigliosi partner, ho passato gli ultimi anni a creare, dare forma e a solidificare cose come A Book Apart, An Event Apart e questo magazine. C’è molto da dire sull’essermi staccato dal mio lavoro quotidiano come designer ed essermi dedicato al design in un modo diverso, ossia, creando e dirigendo dei prodotti. Mi sono gustato ogni minuto di questa attività che ha avuto come risultati delle milestone come A Decade Apart, poiché An Event Apart entra nella sua seconda decade​…e in libri la cui profondità e rilevanza per il nostro settore mi ha sorpreso.

Ma adesso, nel 2016, mentre continuo a portare avanti quei progetti, è ora di tornare sul ring. Il 2016 vedrà la riapertura dello studio di design di NYC di Happy Cog, che lavorerà in tandem con il grande studio a Philadelphia. Imparerò CSS Grid Layout e ritornerò nello spaventoso, incasinato, pazzesco ed inebriante mondo del lavoro di web designer.

Insight#section19

Liz Danzico, chair e cofounder di SVA MFA Interaction Design; creative director, NPR#section20

Per me, progresso ha sempre voluto dire movimento. Se qualcosa si muove (professionalmente, geograficamente, biologicamente, cronobiologicamente, alfabeticamente), pensavo, è comunque meglio. In questo modo, “diverso” e “avanzamento” erano sinonimi. Durante il prossimo anno, mi allenerò al non-movimento: nessun cambiamento repentino, nessun pivot, nessun rinnovamento, ma al contrario, continuità e flusso. Per un anno farò il punto di quello che è, non quello che potrebbe essere, in cui tutto è solo infinitesimamente diverso da quello che era prima. Questo sarà il progresso.

Brad Frost, web designer#section21

Il mio obiettivo per il 2016 è di essere positivo e produttivo. Ho molta carne al fuoco quest’anno e sono eccitato da tutto! Tra il lavoro per i clienti, il parlare alle conferenze, le consulenze e finire il mio libro Atomic Design, spero di realizzare un progetto che incapsula le idee che ho portato avanti in Death To Bullshit. Sto cercando di migliorare le mie skill come developer, designer, insegnante ed essere umano. Un fattore cruciale per riuscirci sarà stare lontano da tutta la negatività che c’è la fuori e circondarmi di persone e attitudini positive. Auguro a tutti un anno positivo e produttivo!

Andrew Grimes, user experience consultant#section22

La mia più grande ambizione per quest’anno è di sviluppare tecniche migliori per evitare le distrazioni online, in particolar modo mentre faccio ricerca. Semplicemente, non ho una gran percentuale di successi quando faccio affidamento sulla ricerca o sui flussi di contenuto generato dagli utenti per trovare quello che cerco. O gli algoritmi non sono sufficientemente affidabili o sto facendo qualcosa di sbagliato. O entrambe le cose. In ogni caso, sembra che io trovi il contenuto migliore sempre negli stessi spazi curati, come ALA.

Quindi, penso che bypasserò cose come Google, Facebook, LinkedIn e Twitter un po’ di più quest’anno, andando direttamente verso fonti fidate. Non solo i siti di editori ben noti: ho pianificato di cercare e frequentare anche alcuni posti menonoti. Come per i ristoranti, sospetto che questi posti esaltanti potrebbero essere più facili da trovare con il passaparola.

Inoltre, non vedo l’ora di imparare di più sul design editoriale, essendo stato ispirato dal brillante articolo di Travis Gertz “Design Machines”. L’idea di trattare i design systems come un inizio piuttosto che come un punto finale fisso, sembra particolarmente importante per il web in questo preciso momento. C’è qualcosa di veramente eccitante nello sfidare la rigidità di template e regole, invece che puntare a creare siti che abbinino il design al contenuto e che cambino layout tanto spesso quanto fanno i magazine.

Lara Hogan, senior engineering manager in Etsy#section23

Ho pensato a che impresa strana possa essere il parlare in pubblico. C’è qualcosa d’altro in cui sia altrettanto difficile esercitarsi, dove ci sia così tanto in ballo? Quale altro lavoro accade solo sotto un riflettore, in cui si ha solo un tentativo? A differenza dallo scrivere o dal fare una corsa agonistica o da altri tipi di obiettivi che potremmo avere nel nuovo anno, non possiamo esattamente esercitarci a parlare in pubblico in ambienti più sicuri e a basso rischio che rispecchino esattamente come ci si sente ad essere sul palco di fronte al pubblico.

Tutti abbiamo paura di parlare in pubblico, tutta una serie di diverse paure. Io ho paura di inciampare e cadere sul palco. Ho parlato con altri che hanno paura di incespicare nelle parole o di dimenticarsi quello che vogliono dire, chi si preoccupa di un problema nei vestiti o di “essere giudicato” da un pubblico. Voglio passare più tempo quest’anno pensando ai modi in cui posso aiutare persone con queste paure articolando dei modi in cui possiamo prepararci più sicuramente per la luce dei riflettori e per il palcoscenico. Almeno, mi piacerebbe aiutare più persone a superare i blocchi mentali che abbiamo nell’inviare proposte di talk o addirittura a scegliere un argomento di cui parlare. La mia speranza è che, nel 2016, possiamo contribuire a placare queste paure, così che più voci, più variegate, possano condividere la propria conoscenza in meetup, conferenze e altri posti. Penso che l’intero settore ne trarrebbe beneficio.

Denise Jacobs, founder e CEO di The Creative Dose; speaker + scrittrice + creativity evangelist#section24

La mia missione come creativity evangelist è di liberare le persone dalla tirannia del proprio critico interiore così che possano lasciar fluire la propria creatività. Quello che mi elettrizza di più del 2016 è che dedicherò del tempo a trasformare le mie due talk più popolari “Banish Your Inner Critic” e “Hacking the Creative Brain” in libri! È ora di dare al mio contenuto un pubblico più ampio e maggior longevità.

Dopo aver vissuto con la valigia in mano negli ultimi anni (solo nel 2015 ho dato 28 talk in tutto il mondo), non vedo l’ora di rintanarmi nel mio ufficio a casa e di scrivere questi libri che in tanti mi hanno chiesto, di cui, francamente, sento anche io il bisogno! Creerò inoltre svariati articoli e blog post che ruoteranno attorno al contenuto dei libri. Altri progetti per il 2016 includono prendere altri clienti a cui fare coaching professionale e lanciare un seminario online live sul parlare (che supporta anche la mia iniziativa Rawk The Web).

Durante la pausa per le vacanze, mi è parso chiaro che non posso condividere il mio lavoro se il mio critico interiore continua a impedirmi di prendermi cura di me stessa. Quindi, un altro aspetto su cui mi concentrerò sarà il prendermi molta cura di me stessa: ricreare una routine di esercizi, cucinare i miei gustosi pasti con prodotti freschi dal mio giardino biologico, creare con le mie mani (sapone alle erbe fatto a mano e orecchini funky), continuare ad imparare improvvisazione, leggere moltissima fantascienza e realismo magico, riconnettermi con gli amici e fare pisolini al sole con i miei gatti.

Erin Lynch, scrittore/designer/founder di shop e production manager in A List Apart#section25

2016 = crescita. Durante il prossimo anno voglio continuare ad estendere le mie skill in quattro aree pratiche. Sebbene io lavori quotidianamente in queste aree (design, development, scrittura ed illustrazione), è da un po’ di tempo che non ho un piano preciso da seguire per estendere ed aggiungere qualcosa a queste skill. Il 2016 sarà l’anno in cui spingerò in là i miei limiti: concentrazione, impegno ed esplorazione.

Sono stato molto ispirato da un recente articolo (di cui ho perso ogni traccia) riguardante un uomo che ha deciso che era stanco della sua carriera (pianificatore finanziario, CPA o qualcosa del genere non collegato all’arte) e voleva cambiare. Lesse un articolo riguardante la metodologia delle 10.000 ore e decise di provare. Facendo un salto in avanti di tre anni (e di una frenetica curva di apprendimento), scopriamo che ha ottenuto un lavoro come animatore in Aardman. C’è molto da dire sulla validità del metodo delle 10.000 ore, ma la cosa che lo rinforza è che pratica = crescita e crescita è tutto quello che serve e vogliamo.

Per quel che riguarda la lettura, ho sempre un sacco di cose in ballo. Attualmente sto leggendo The Vignelli Canon, Makers: The New Industrial Revolution e Parting It Out. Sto cercando di arrivare alla stagione attuale degli articoli di 24 Ways, stessa cosa per i due nuovi libri di ABA Responsive Design: Patterns & Principles e Going Responsive.

Alice Mottola, freelance web developer/scrittrice#section26

Il sistema Enneagramma che individua i tipi di personalità potrebbe non avere (ancora) il prestigio dato dalla peer-review del MBTI ma non fatevi intimidire. Per quella che è la mia esperienza, l’accuratezza dell’Enneagramma lascia indietro l’MTBI anni luce. Ogni volta che un amico o collega scopre la sua descrizione di tipo, sono dominati da ondate di esultanza e imbarazzo alternativamente, dal momento che riconoscono i pattern di pensiero e il comportamento che hanno sempre saputo di avere ma che non hanno mai espresso a parole. Inoltre i testi attorno all’Enneagramma forniscono dei consigli solidi e pratici che possono portare a seri sviluppi positivi. Nel mio caso, scoprire (la spaventosamente accurata) personalità di tipo 4 mi ha ispirato a cominciare a programmare progetti creativi nel mio tempo libero, dal momento che quelli di Tipo 4 si sentono al meglio quando posso lasciare correre libera la propria creatività. Proprio come aveva predetto l’Enneagramma, sono molto più felice. Se siete curiosi, vi consiglio di dare un’occhiata al sito web dell’Enneagram Institute o di guardare il libro Discovering Your Personality Type. Anche se non sarete così impressionati come lo sono stata io, troverete quasi sicuramente dei buoni consigli che potete applicare sia alla vostra carriera che alla vostra evoluzione personale.

Sophie Shepherd, designer in GitHub#section27

Gli ultimi anni mi sono sembrati un po’ come l’adolescenza del web: di transizione e a volte burrascosi, ma eccitanti. I nostri lavori sono cambiati con l’introduzione del RWD e stiamo da allora gestendo le scosse di assestamento. Sono stati anni in cui ci siamo posti delle domande davvero difficili, a volte esistenziali. Che tool è meglio usare? Dove finisce il design e comincia lo sviluppo? I designer devono scrivere codice? Devo progettare per gli orologi adesso? Il web design ha perso la sua anima?

Che si abbiano tutte le risposte o meno, si sta placando il polverone. Il responsive web design non è altro che web design, i design systems e le style guides sono la norma e non importa se progettate in Photoshop, Sketch o nel browser. Penso che il web design stia entrando in una nuova età dell’oro, una in cui possiamo concentrarci meno sull’avere le risposte giuste e sentirci soffocati dai vincoli. Sono elettrizzato all’idea di tornare alla ragione per cui mi sono innamorata del web prima di tutto: la creatività. Non vedo l’ora di vedere cosa faremo e come spingeremo più in là i limiti di questo medium.

Tools#section28

Rachel Andrew, founder di edgeofmyseat.com, l’azienda dietro a Perch#section29

Nel 2016, tornerò alle basi e imparerò davvero JavaScript. Avevo imparato JavaScript all’inizio, nei primi anni del web, guidata dal desiderio di aggiungere le immagini di rollover e le finestre di popup ai miei siti web. A un certo punto avevo creato delle estensioni di Dreamweaver e alla fine avevo imparato abbastanza di jQuery per fare quello di cui avevo bisogno. Tuttavia, non mi sono mai considerata una JavaScript developer capace, né mi è mai davvero piaciuto come linguaggio.

Comunque, nel 2016, penso sia vitale che ogni web developer impari JavaScript, sia che si tratti principalmente di un front- o di un back-end developer. Non è più solo uno strumento per aggiungere cose triviali e fastidiose ai siti web: i nostri tool ne fanno uso e lo si usa sempre di più anche server side così come client side.

Mi piace tornare alle basi quando re-imparo le cose. Come sviluppatrice, è molto facile non leggere i manuali, saltare su in corsa e imparare mentre vado avanti. Quando lo faccio, però, tendo a non considerare alcune cose fondamentali di base che poi mi si ritorcono contro. Quello che ho scoperto è che è ancora dura trovare materiale davvero buono per impara JavaScript che non assuma che voglio semplicemente cominciare ad usare un qualche framework, ma nemmeno passare tutto il tempo a discutere di costrutti base di programmazione.

Mi sta piacendo Eloquent JavaScript e trovo che siano un buon punto di partenza anche le informazioni sul Mozilla Developer Network. Speaking JavaScript sembra indirizzato a persone come me che hanno già un background di programmazione. Sarei molto felice se poteste suggerirmi cosa leggere dopo.

Anthony Colangelo, iOS developer, Big Cartel#section30

Come software developer, armeggiare con i progetti hardware è davvero un gran modo per spingere sé stessi a imparare nuove cose, pensare in modi nuovi e risolvere problemi interessanti (e divertenti!). È da un po’ che sperimento con i progetti basati su Arduino, i miei più grandi progetti sono stati creare controller di giochi personalizzati per Kerbal Space Program e simulatori di volo. Quest’anno penso di prendere la cosa più seriamente e lavorare con alcuni pezzi più interessanti di tecnologia, come costruire device controllati dalla voce o device che comunicano via Bluetooth.

Sto anche cercando un modo per cominciare con la stampa 3D, grazie al Big Cartel’s Employee Art Grant, che mi aiuta a creare dei contenitori appropriati per i device che creo, piuttosto che hackerarli in custodie generiche.

È incredibilmente facile iniziare con Arduino, sia che sappiate programmare sia che non ne siate capaci. Se avete un linguaggio preferito, scommetto che potrete trovare qualcosa che vi permetterà di scrivere dei programmi per Arduino usando proprio quello. Ci sono dei framework per JavaScript, Ruby e praticamente per qualunque altro linguaggio. Ci sono anche alcuni posti grandiosi come SparkFun e Adafruit che vendono componenti, hanno tutorial e sono pieni di ispirazione.

Garin Evans, developer#section31

Come developer, ho avuto successi altalenanti nello scrivere applicazioni mobile cross-platform. Ho usato framework come PhoneGap e Xamarin e, sebbene risolvano dei problemi, non ho ancora trovato la soluzione ottimale per lo sviluppo di app cross-platform. Per questo ero eccitato quando Facebook annunciò React Native, il loro framework “impara una volta, scrivi ovunque” per creare mobile app native usando ReactJS. Nell’ultimo anno ho adottato completamente ReactJS: è un framework fantastico che, almeno per me, aiuta a creare componenti front-end puliti e modulari. Quello che mi spinge di più a buttarmi in React Native nel 2016 è il passaggio di tecniche JavaScript e React famigliari allo sviluppo di applicazioni mobile. React Native è ancora nella sua infanzia: il supporto per Android è stato introdotto solo nella v0.11.0, rilasciata nel Settembre del 2015 e non c’è ancora una major release, ma quello che mi esalta di React Native è che Facebook ha potenzialmente rimosso la necessità che uno sviluppatore in erba, che ha già famigliarità con JavaScript, debba imparare Objective-C, Swift, Java o C#, un requisito che da solo è sufficiente per scoraggiare qualcuno.

Lyza Danger Gardner, CTO, Cloud Four#section32

L’anno scorso mi sono imbarcata nella grande impresa di diventare una mentore. Nel 2016, continuerò questa crescita. Ma c’è un nuovo aspetto, un nuovo focus per i miei obiettivi: voglio aiutare gli sviluppatori di software a imparare a lavorare con gli oggetti nel monto reale, ossia voglio mostrare ai web developer in che modo fare le cose con l’hardware.

Il 2015 è stato caratterizzato da un’abbondanza di API per il Web che hanno spostato i limiti un po’ più in là. Credo che nel 2016 vedremo un clamore crescente specialmente per le interfacce web-hardware standardizzate. Questo desiderio si sta già manifestando: anche adesso, ci sono numerose opzioni per controllare l’hardware con JavaScript, Google guida con il progetto Physical Web e i servizi cloud per manipolare l’Internet delle cose (IoT) continuano a proliferare.

Il Web ha la possibilità di fungere da tessuto connettivo tra gli oggetti della vita reale e i dati e i servizi che possono renderli magici. Voglio contribuire a portare noi stessi verso quel futuro.

Matt Griffin, founder di Bearded#section33

Quest’anno, finalmente, studierò ARIA! Le form sono la linfa vitale confusa e sconcertante del Web. Renderle più accessibili a tutti è magnifico. Renderle più leggibili dalle macchine è, a questo punto, buon senso. Fortunatamente, richiedono entrambe lo stesso approccio. Queste sono le cose su cui penso di fare ricerche lungo il mio percorso:

Krystal Higgins, senior interaction designer#section34

Nel 2016, sono esaltata dall’idea di rispolverare il mio vecchio kit Arduino e armeggiarci! Anche se sono sempre esposta alle capacità del physical computing (diamine, lavoro con i wearables tutti i giorni), è stato quando ho fatto per la prima volta una valutazione della UX di Ozobot, un robot giocattolo programmabile per studenti, che sono stata ispirata a fare più prototipi elettronici. Giochi come Ozobot illustrano in che modo il medium può essere uno strumento per l’educazione e per la personalizzazione e sono entusiasta all’idea di esplorare dei modi per far sì che aumenti il numero dei nuovi utenti. Quindi, la mia lista delle letture include la collaudata guida di Arduino, Make: Electronics: Learning Through Discovery di Charles Platt e r/arduino (per ispirazione). Esplorerò anche Open Hybrid, un progetto del MIT che permette a chiunque conosca HTML di progettare un’interfaccia per controllare oggetti.

Ryan Irelan, creatore di Mijingo#section35

Continuerò ad esplorare i decoupled content management systems (come abbiamo discusso nel panel di ALA “Love Your CMS”). Ho passato gli ultimi dieci anni a lavorare con dei CMS monolitici ed è divertente fare a pezzi quello che conosco e imparare ed esplorare. Quello che mi esalta di più nel decoupling dei CMS è che c’è in corso proprio ora una discussione molto simile nell’architettura software e nello sviluppo software. Continuerò a condividere qualsiasi cosa imparo sul mio sito di formazione Mijingo.

Scott Jehl, designer/developer in Filament Group e autore di Responsible Responsive Design#section36

Sicuramente il 360 kickflips. Ho sempre voluto farlo. Vado sullo skate da circa 20 anni e… oh! Siti web… Ok.

Negli ultimi due anni circa, ho concentrato molta della mia attenzione da sviluppatore sulla performance di caricamento delle pagine. Il 2015 ci ha portato una nuova versione standardizzata di http (http/2), che ha già un supporto eccellente nei vari browser e ambienti server. Nel 2016, penso di fare più esperimenti con http/2 per migliorare la mia comprensione di come gestire meglio le ottimizzazioni che sono ancora utili per i browser più vecchi (che non supportano il nuovo protocollo) mentre trarrò vantaggio dalle feature di http/2 che rendono non più necessarie molte di quelle ottimizzazioni. Sono anche esaltato all’idea di cominciare ad usare Service Workers in produzione. E di andare molto sullo skateboard.

Peter-Paul Koch, mobile platform strategist#section37

Nel 2016, concentrerò i miei sforzi principalmente nelle web app installabili (che Google adesso chiama progressive web apps per ragioni che non comprendo completamente).

Quello che segue è il mio ideale, anche se sono piuttosto sicuro che non arriveremo così lontano nel 2016: un utente va su un sito web su un dispositivo mobile e lo vuole mettere tra i preferiti. Premere “Bookmark” può avere uno di questi due effetti:

  1. Se il sito web non ha un manifest file, mette semplicemente la favicon del sito sulla schermata home dell’utente. Si tratta di un semplice link che fa partire il browser e carica il sito.
  2. Se il sito web ha un manifest file, viene installato localmente.

Cosa significa installato localmente? Significa semplicemente che tutti i files importanti, con eventualmente l’eccezione dei dati effettivi, vengono installati sul dispositivo in un unico pacchetto. Toccando l’icona parte una versione locale del sito, verosimilmente carica i dati esterni (se c’è una connessione disponibile) e mostra il sito nel browser.

Il trucco reale si ha quando un utente mostra una web app installata localmente a un altro e anche quest’altra persona la vuole. L’utente apre una connessione Bluetooth (o NFC o quello che vuole) verso il device dell’altra persona e semplicemente invia la web app installata. L’icona appare sullo schermo home dell’altra persona e può essere lanciata.

Problema principale: sicurezza. Lo so. Ci sono problemi seri qui.

Tuttavia, non si tratta di un’idea utopistica. Io l’ho FATTO. Sei anni fa, ho lavorato al sistema di web app installabili W3C Widget e ho creato molte app di test per Symbian. Un giorno ho notato che Windows Mobile supportava anch’esso W3C Widgets. Ho aperto una connessione Bluetooth, mandato un’app da Symbian a Windows Mobile, toccato l’icona e FUNZIONAVA!

Questo è il futuro del web su mobile (e, adesso che ci penso, magari su ogni device, ma vada per il mobile first). Da allora, ho aspettato pazientemente che altri capissero questa idea. Magari il 2016 sarà l’anno in cui comincerà a funzionare.

Una Kravets, front-end developer in IBM Design, Austin#section38

Il 2015 è stato davvero un anno esaltante per JavaScript. I sempre più numerosi dibattiti sui framework hanno portato a una crescente collezione di idee su come ottimizzare al meglio la produzione. Ciò ha dato molto potere agli sviluppatori ma ha anche frammentato ulteriormente il campo del front-end development. Nei prossimi anni, spero di rendere JavaScript più accessibile ai designer a gli sviluppatori di UI, concentrandomi sul modo in cui possiamo continuare a #artTheWeb sfruttando i vantaggi di questi nuovi tool come “suddivisione in componenti” e i miglioramenti della performance del Virtual DOM. Come possiamo assegnare stili nel modo migliore a questi componenti e continuare ad innovare le interfacce così come le architetture?

Non solo spero di guardare meglio JavaScript nel 2016, ma espanderò anche il mio lavoro di effetti CSS per le immagini in SVG e nella composizione di immagini e spero anche di sperimentare con le web app offline. Evviva! Sarà un grande anno per il web!

Jeff Lembeck, www engineer in npm, Inc.#section39

Da quando ho cominciato a lavorare in npm, Inc. a Giugno, il punto focale del mio web development si è spostato dall’essere quasi esclusivamente front-end developer e ho cominciato ad occuparmi di più di backend, ovvero di codice server-side. Ossia operations. Il che implica un sacco di codice che gira in Node.js runtime.

Comprendere il runtime per il vostro JavaScript è importante per lo sviluppo. Come sviluppatore client-side, capire come funziona il vostro browser e le sottili sfumature di ogni engine vi può far risparmiare giorni a sbattere la testa contro il muro quando vi imbattete in uno strano bug. Nel 2016, penso di estendere la mia conoscenza dei funzionamenti interni del mio runtime per Node.js. Fino a questo punto, sono stato in grado di usare Node come un’astrazione, mentendo fuori dalla mia vista i dettagli e il funzionamento sottostante, ma adesso voglio andare più in profondità e capire davvero cosa sta accadendo.

Per cominciare, sto imparando molto dalle talk di Thorsten Lorenz e Brendan Gregg. Entrambe si focalizzano in maniera fantastica sul funzionamento interno di Node. Mi sto anche ricavando del tempo per leggere il codice sorgente. Questo potrebbe essere difficile, per ora sono, al meglio, un novellino in C++.

Spero di non aver fatto il passo più lungo della gamba, ma fare un passo alla volta è sempre una mossa saggia quando si tratta di imparare. Vi auguro di imparare di più nel 2016!

Mark Llobrera, technology director, Bluecadet#section40

Il nuovo anno è sempre come cercare di scegliere solo qualche pezzo da una gigantesca borsa di dolciumi. Ecco la mia short list per l’inizio del 2016:

  • React. Mi sono buttato con il corso di Wes Bos React for Beginners. È da un po’ di tempo ormai che il mio team in Bluecadet crea applicazioni touchscreen basate su JavaScript e sono eccitato all’idea di usare React con qualcosa come Electron per creare applicazioni native per OS X/Windows.
  • Swift. In questo caso prendo sul serio il consiglio di Nishant Kothary. Paragonato a Objective-C, trovo che Swift sia un po’ più accessibile alle persone del web come me.
  • Drupal 8. Mi sento come se mi fossi preparato per Drupal 8 per tre anni e finalmente è arrivato. È ora di prenderci la mano.
  • Adaptive Web Design, Seconda Ed. di Aaron Gustafson. La prima edizione è un libro molto importante per me e uno dei primi libri che dò agli apprendisti web in Bluecadet.
  • Performance e flessibilità. “Delivering Responsibly” di Scott Jehl mi ha davvero impressionato e spero di incorporarne il più possibile nel mio lavoro.

Paul Robert Lloyd, graphic designer e web developer indipendente#section41

Quando esamino il mio insieme di skill per aree di debolezza, di solito in cima alla lista trovo JavaScript. Questo linguaggio mi è sempre stato difficile da capire, ma ogni anno faccio dei piccoli passi. Tuttavia, quest’anno spero di fare un gran passo avanti.

Come al solito, il modo migliore per imparare è facendo e, con in mano il libro “You Don’t Know JS” di Kyle Simpson, spero di ricreare (e completare) un mio side project che ho abbandonato: una versione digitale della guida vittoriana delle ferrovie di George Bradshaw. Non ci sono dubbi che io voglia giocare un po’ con Service Workers per abilitare l’accesso offline e acquisire familiarità con delle API del browser come la geolocalizzazione. Mi piacerebbe anche trovare il modo migliore per rendere modulari i miei script: sospetto che questo implicherà navigare in un panorama di tool in competizione, approcci differenti e best practice in evoluzione. Fatemi gli auguri!

Sarah Parmenter, designer e founder, You Know Who#section42

Durante le vacanze di Natale ho ricominciato a studiare Ruby on Rails. È stato strano tornare a un linguaggio di programmazione in cui ero abbastanza brava nel 2005 e realizzare che molti anni di user interface design thinking e di scrittura di codice HTML/CSS/JavaScript mi hanno fatto dimenticare completamente la programmazione orientata agli oggetti. Mi interessa molto essere in grado di poter coprire il 70% di ciascun progetto che voglio affrontare. Poter tagliare le costose catene dell’utilizzo di un altro programmatore per programmare i miei design mi fa sentire libera.

Sono davvero entusiasta di Perfect.org e all’idea che Swift diventerà un linguaggio di programmazione molto più ampio di quello che è oggi. La programmazione mi sta di nuovo esaltando: è diventata così importante nel mio lavoro di visual designer! Sono felice di poter cavalcare ancora quell’onda.

D’altro canto, sono sempre stata molto presa dai social media e dalle nuove opportunità che rendono possibili per ciascuno di noi. Penso che quest’anno sarà l’anno in cui vedremo le aziende cercar di capire come meglio posizionarsi per un coinvolgimento naturale con il proprio audience. Meno “buzz word”, più onestà. Adoro lavorare alle campagne sui social media con i miei clienti e vedere il cambiamento giorno per giorno nella percezione che il pubblico ha di un’azienda o di un servizio basato sul flusso creativo in costante cambiamento dei nostri social feed.

Simon St. Laurent, strategic content director in O’Reilly Media, Inc.#section43

Passerò molto più tempo nelle terre di confine tra le best practices per lo sviluppo di app e lo sviluppo di siti. Sebbene entrambe i tipi di progetto utilizzino gli stessi strumenti, il modo di affrontare ciascun progetto cambia e mi chiedo quanto si possa spingere in là questo aspetto. Una conversazione cruciale che sto tenendo d’occhio è il revival degli stili inline, una pratica incoraggiata da React, ma che è stata a lungo scoraggiata da CSS. Il codice a me sembra terribile ma ad altri piace. Se si prova che il cascade è inutile, cosa comporterebbe questo per gli sviluppatori di siti web? Se gli stili inline si ingarbugliano, cosa significa questo per il futuro dell’app development?

Ian Vanhoof, technical editor di A List Apart#section44

Questo è il momento dell’anno in cui mi concentro sulla crescita personale e ho una piccola tradizione: preparo due liste. La prima mette per iscritto le cose che non ho finito di imparare l’anno scorso. La seconda è piena di cose che hanno recentemente catturato il mio interesse. Poi, unisco le due e comincio.

Quest’anno, mentre impostavo le mie liste, qualcosa ha catturato la mia attenzione e ne sono rimasto semplicemente rapito – non mi ero più sentito così esaltato da una tecnologia web da quando apparve sulle scene CSS nel 1996: abbiamo finalmente un aggiornamento all’HyperText Transfer Protocol.

Sono esaltato riguardo a http/2. Questa revisione sistema i problemi di performance web che abbiamo dovuto hackerare fin dal 1999. (Sicuramente, quegli hack sono stati usati con successo ma hanno causato una serie di problemi). L’elenco dei miglioramenti al protocollo è troppo lungo da farlo stare qui ma devo menzionare alcune cose come la unique header compression, il server push e l’assegnazione delle priorità al contenuto client side via stream dependencies.

Mi piace anche che si tratta di uno stream TCP binario invece di un semplice testo a pacchetti: ora è possibile fare da subito il caricamento concorrente delle risorse!

Aarron Walter, vice presidente della R&D in MailChimp#section45

Nel 2016 affilerò i miei arnesi. Sto imparando dei nuovi linguaggi di programmazione, come Python (così elegante e divertente) e sto rafforzando il mio processo di sviluppo con Grunt.

Sto anche studiando storia per dare una spinta al mio pensiero creativo. Sto setacciando libri di lavori di industrial designer, pittori, fotografi e architetti, per capire come hanno risolto dei problemi e per riaccendere la mia passione per il creare cose. C’è molto da imparare dai creative thinkers negli altri media!

Attualmente, sul mio tavolino ci sono questi libri:

Lavoro#section46

Ida Aalen, UX designer, speaker e scrittrice#section47

Lo scorso autunno, avrei dovuto incontrarmi con un cliente. Avevamo un’idea per un modo molto diverso di presentare la loro form di sign up. Credevo davvero che questa sarebbe stata un’opzione migliore, ma dal momento che era così diversa da quella che avevano, avevamo deciso di mettere insieme molto rapidamente un test di usabilità prima di mostrare il design al cliente.

Questo funzionò così bene che divenne una sorta di dogma per questo progetto: non mostrare niente che non si è già testato. Ho sempre ritenuto i test molto importanti, ma sono la prima ad ammettere che non sono mai stata capace di trovare il tempo per farne. Però questo dogma ci ha costretto ad essere molto creativi con i nostri test e anche a pensare a quali fossero davvero i success criteria per le varie parti del progetto (per esempio, non ha senso fare un test di usabilità sulle pagine degli articoli lunghi: dovevamo capire se le persone volessero davvero leggerli in uno scenario più realistico).

È stato anche molto motivante perché apparentemente avevamo discussioni migliori con il cliente: si discuteva sull’efficacia delle cose piuttosto che sul colore del pulsante.

Pertanto, quello che voglio fare nel 2016 è provare ad essere fedele a questo dogma: non mostrare mai un design o un’idea che non è stata testata in qualche modo.

Illustrazioni: {carlok}

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro da ALA

Webwaste

In questo estratto da World Wide Waste, Gerry McGovern esamina l'impatto ambientale di siti web pieni zeppi di asset inutili. Digital is physical. Sembra economico e gratis ma non lo è: ci costa la Terra.
Industry